Lo scudo giuridico per chi vaccina è uno scudo a metà
Nel decreto Covid la punibilità degli operatori sanitari è limitata ai soli casi di colpa grave
Con l’approvazione del decreto Covid arriva lo scudo giuridico per i vaccinatori. Il governo porta così a casa il minimo indispensabile e lascia frustrate le attese degli operatori sanitari che si aspettavano un intervento ben più ampio, rivolto a tutti gli operatori del settore e che, soprattutto, si estendesse all’intero periodo di gestione della pandemia. Una delusione alla quale lo stesso ministro Speranza ha voluto rispondere quasi in diretta annunciando, dopo il Consiglio dei ministri, il via libera del governo a modifiche parlamentari che vadano in questa direzione.
Di certo possiamo già dire che, per farlo, non si ripartirà da zero. Una prima base di proposta normativa condivisa con il ministero della Giustizia era infatti già pronta anche mercoledì. Qui si puntava a introdurre una disciplina speciale per circoscrivere ai soli casi di colpa grave la punibilità per i delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi, nel periodo di emergenza, nell’esercizio di una professione sanitaria.
La regola dell’art. 590 sexies del codice penale (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario), introdotta dalla legge Gelli-Bianco, esonera da responsabilità penale gli esercenti le professioni sanitarie che abbiano rispettato le raccomandazioni previste da linee guida ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. L’inesistenza di linee-guida correlate alla specifica situazione emergenziale in corso e la mancanza di best practices consolidate sono di ostacolo all’applicabilità della norma rispetto a quanto accaduto con il Covid.
Vengono poi previsti alcuni parametri di valutazione del grado della colpa. In particolare sono tre i fattori che potrebbero concorrere a escludere la gravità della colpa: la limitatezza delle conoscenze scientifiche sulle patologie da Covid e sulle terapie appropriate, la scarsità delle risorse umane e materiali disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.
Restano però altri nodi da sciogliere. A cominciare dalla previsione di una qualche forma di indennizzo per i danneggiati dal vaccino contro il Covid. Anche in questo caso una proposta condivisa con il ministero della Giustizia era già pronta. Qui si prevedeva di estendere l’indennizzo previsto dall’articolo 1 della legge 210/92 anche alle vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, sono necessarie per la tutela della salute pubblica. Si tratta dei casi in cui la vaccinazione viene raccomandata dalle autorità sanitarie per la più ampia copertura della popolazione. L’assenza di questo passaggio esporrebbe il provvedimento a problemi di costituzionalità, dal momento che la Corte costituzionale ha già dichiarato l’incostituzionalità dello stesso articolo 1 della legge 210/92, nella parte in cui non prevede l’indennizzo in caso di vaccinazioni non obbligatorie ma solo raccomandate.
E per finire, resterebbe il problema più spinoso, ossia la previsione di una qualche forma di tutela anche per le Aziende sanitarie. Un tema a forte rischio di impopolarità. Eppure le ripercussioni per l’intero Ssn rischiano di essere pesanti. Vediamo perché.
E’ altamente probabile che, a fronte degli effetti drammatici della pandemia, con oltre 109 mila decessi, le strutture sanitarie potrebbero essere chiamate a erogare risarcimenti, anche in presenza di colpa lieve, nonostante le stesse strutture si siano trovate, così come gli operatori, ad affrontare una situazione completamente nuova e di enorme complessità. L’entità delle richieste risarcitorie potrebbe essere abnorme, e nessuno – giustamente – ha in mente di limitare il sacrosanto diritto dei cittadini di chiedere indennizzi in caso di colpe accertate. Quello che però non si pone mai in evidenza è che, in questo modo, i risarcimenti sarebbero totalmente carico del Fondo sanitario nazionale, ovvero dello stesso fondo destinato alle cure. Dunque come uscirne? Una soluzione potrebbe essere quella di orientarsi verso un sistema “no fault”, con ristoro di tipo indennitario, così come già previsto nel nostro ordinamento per contagi da sangue infetto e danni vaccinali. Si tratterebbe di una strada che, se da un lato garantirebbe il fondamentale interesse all’adeguato ristoro delle vittime impedirebbe il rischio di default per il Ssn.
Ora sta alla responsabilità di governo e Parlamento trovare il coraggio quantomeno di affrontare questi temi nelle prossime settimane.