Cosa non torna nelle motivazioni di condanna sul caso Profumo
Sostenere che i controllori non abbiano controllato o abbiano agito in modo inconsapevole fa a pugni con la realtà. Intanto sei anni di carcere sono un macigno intollerabile
Definirla “dura” è un eufemismo. Sei anni di carcere non sono peanuts, per dirla all’inglese, sono duemilacentonovanta giorni, un fardello per chiunque, soprattutto per un innocente. A tanto ammonta la pena inflitta in primo grado ad Alessandro Profumo e a Fabrizio Viola, all’epoca presidente e ceo di Mps, una pena abnorme se si considerano i sette anni e sei mesi comminati al precedente management della banca senese, vale a dire ai veri responsabili del tracollo finanziario di quello che era il terzo gruppo bancario italiano. I giudici hanno giudicato, in dissenso con l’orientamento della procura di Milano che ha chiesto l’assoluzione degli imputati. I giudici hanno giudicato ricorrendo a parole dure come le pietre: “Un’intenzione d’inganno era il fine che animava il nuovo management, ossia rassicurare il mercato in vista dell’incetta di denari che si sarebbe da lì a poco perpetrata con gli aumenti di capitale”. A Profumo, oggi ceo di Leonardo, e a Viola viene attribuita “una spiccata capacità a delinquere”: i due avrebbero operato la contabilizzazione “a saldi aperti” dei derivati Santorini e Alexandria pur sapendo che fosse sbagliata. E proprio su questo punto i legali della difesa daranno battaglia in appello puntando “alla revisione radicale della sentenza di primo grado” dal momento che sotto la gestione Profumo-Viola ogni atto veniva scandito da una costante ed efficace attività di controllo e interlocuzione con le autorità di vigilanza preposte, Consob in testa.
Resta l’amarezza per un verdetto gravido di conseguenze non solo giudiziarie, sul piano professionale e umano sei anni di carcere sono un macigno intollerabile, tanto più se l’incarico di guidare una banca che versava in condizioni disperate venne accettato, per ammissione degli stessi manager, “per spirito di servizio e non certo per convenienza personale” (Profumo scelse di non percepire alcun compenso). Per il collegio giudicante “l’organismo di vigilanza, pur munito di penetranti poteri di iniziativa e controllo, ha sostanzialmente omesso i dovuti accertamenti”. Le cose stanno davvero in tal guisa? A partire dal 2013 il cda di Mps decide di adottare la contabilizzazione “a saldi aperti” nelle operazioni Alexandria e Santorini, in continuità con le modalità impiegate dalla precedente amministrazione e d’intesa con le autorità di vigilanza. E’ difficile infatti imputare a Consob o a Bankitalia un’attività di controllo assente o inconsapevole dacché gli stessi organismi, negli anni in questione, hanno prodotto migliaia di pagine di documenti.
Dei controlli svolti dalle autorità di vigilanza c’è prova documentale, scripta manent. In sede di approvazione del bilancio 2012, sono proprio Profumo e Viola a far emergere le perdite occultate dal precedente management, per un valore di circa 700 milioni di euro, nella ristrutturazione di Alexandria e Santorini. “Non siamo stati noi a creare il ‘marcio’ nel Montepaschi. Noi quel marcio l’abbiamo tirato fuori scoprendo il ‘mandate agreement’ segreto che regolava i rapporti tra Mps e Nomura”, dichiarano i due manager in una nota a commento delle motivazioni della sentenza. La decisione di continuare a contabilizzare tali strumenti finanziari a saldi aperti e non chiusi (come pronti contro termine) viene assunta a valle di un confronto con le autorità di vigilanza. L’8 marzo dello stesso anno Bankitalia, Consob e Ivass approvano un documento congiunto che ammette le operazioni di contabilizzazione a saldi aperti purché ben motivate e rese pubbliche attraverso prospetti pro-forma che consentano all’investitore di formarsi un fondato giudizio sull’investimento. Soltanto nel 2015, alla luce dei nuovi elementi acquisiti dalla procura di Milano, Consob rivede la propria posizione accertando la non conformità del bilancio 2014 e richiedendo alla Banca di procedere con la contabilizzazione a saldi chiusi. Mps ottempera alle nuove prescrizioni. Ancora nel 2017, dopo che è stato già disposto il rinvio a giudizio di Profumo e Viola, Consob ribadisce in un documento la correttezza delle informazioni trasmesse al mercato e l’assenza di violazioni da parte di Mps negli anni in questione. Si può concordare o meno con il merito delle valutazioni effettuate dai controllori nel corso del tempo, si può rimproverare loro un difetto di linearità o coerenza nella condotta, ma sostenere che i controllori non abbiano controllato o abbiano agito in modo inconsapevole fa a pugni con la realtà. E con il buon senso.