L'ex sindaco di Lodi Simone Uggetti dopo la sentenza di assoluzione (Foto Ansa)

C'è un giudice pure a Lodi

Luciana Grosso

I cinque anni di calvario dell’ex sindaco Uggetti, con arresto e gogna mediatica gonfiata sul nulla, spazzati via da una piena assoluzione. Ennesimo caso di accanimento giustizialista contro la politica. “Non si può descrivere la violenza con cui la mia vita, politica e personale, è stata travolta e cambiata”

Era maggio, come oggi, nel 2016, quando il sindaco di Lodi Simone Uggetti fu arrestato dalla Guardia di finanza. La notizia arrivò come un tifone su una città piccola e placida, i ritmi contadini e una vita che ruota, ancora, attorno alla piazza. Simone Uggetti, in politica fin da quando era ancora liceale (aveva fondato la locale sezione della Sinistra giovanile), lo conoscevano tutti. Qualcuno lo amava e votava, qualcuno lo detestava, come capita sempre con i politici, specie con quelli locali. Ma anche i suoi più accesi nemici e oppositori, alla notizia che il sindaco fosse finito a San Vittore, caddero dalle nuvole: non sembrava proprio possibile che avesse fatto qualcosa di male. E infatti, abbiamo saputo cinque anni dopo, non era possibile.

Simone Uggetti, arrestato il 3 maggio 2016 per turbativa d’asta, non aveva fatto niente di male. Il fatto, hanno detto i giudici, non sussiste. Non è stata turbata nessuna asta. La questione riguardava l’appalto per l’affidamento delle piscine estive della città: due impianti in funzione solo in estate il cui valore di gestione era ridicolmente basso (circa 3.000 euro per gli ingressi, qualche decina di migliaia di euro in più il bar). Secondo l’accusa, Uggetti avrebbe brigato perché a vincere l’appalto fosse la società Sporting Lodi, scrivendo (e facendo scrivere alla dirigente comunale che poi lo aveva denunciato) un appalto sartoriale, fatto su misura per l’azienda che il sindaco avrebbe voluto favorire. In realtà hanno chiarito i giudici d’appello (e - a dirla tutta - in parte anche quelli di primo grado che lo avevano condannato al minimo della pena) Uggetti non aveva fatto nulla che potesse essere ritenuto non solo illegale, o lesivo dell’ente, ma neppure che lasciasse intravedere profili di corruzione (che infatti non gli furono mai imputati). A meno di voler considerare passibili di condanna le, poco usuali, definizioni usate per lui nell’ordinanza di custodia, nella quale il sindaco veniva descritto come “un soggetto autoritario che riesce a imporsi” e in grado “di intimidire i testimoni” e che “ha tradito l'alta funzione e l'incarico attribuitogli dai cittadini gestendo la cosa pubblica in maniera arbitraria e prepotente”.

Il sindaco che si temeva potesse inquinare o distruggere prove passò due settimane a San Vittore e tre agli arresti domiciliari, dimettendosi poco dopo. La città nel frattempo, fu travolta dalla macchina della cronaca e del giustizialismo politico: Luigi Di Maio tenne un comizio in piazza inveendo contro il Palazzo comunale, giornali vari fecero paginate sul sindaco cattivo nella speranza che qualche schizzo del fango gettato su Uggetti potesse colpire il suo predecessore, che nel frattempo aveva assunto un ruolo nazionale: Lorenzo Guerini. Cosa che invece non accadde. Per mesi, la città rimase attonita ad aspettare il commissariamento e le successive elezioni, vinte poi (come prevedibile) per la prima volta dopo vent’anni dalla Lega.

 

“L’intercettazione ambientale dalla quale l’accusa aveva evinto il carattere autoritario del sindaco, e che doveva essere una delle prove principali dell’accusa, è stata ascolta in aula su nostra richiesta – ci racconta l’avvocato difensore Gabriele Roveda – perché ascoltandola era chiaro come le parole e la situazione fossero state del tutto travisate. Inoltre, nel processo di appello si è reso evidente come gli impianti delle piscine fossero di fatto in perdita, dunque non c’era niente da truccare”. Il caso era infondato. Il fango dei giornali era stato gettato a caso, e aveva fatto la fine che fa in genere il fango: con il sole, diventa polvere.

Alla fine di questa giornata durata cinque anni, l’ex sindaco Simone Uggetti ci chiama evidentemente emozionato: “Non riesco a descrivere bene quello che provo. Sono tante emozioni. Non si può descrivere la violenza con cui la mia vita, politica e personale, è stata travolta e cambiata dall’arresto: la parte peggiore forse non sono stati i giorni a San Vittore, ma la sensazione di spoliazione improvvisa di tutto quel che era la mia vita di cui, all’improvviso, non esisteva più niente. Non si può descrivere la gratitudine che provo verso i miei avvocati e la mia famiglia. Non si può descrivere il senso di affetto che, anche nei momenti peggiori, ho riscosso dalla città, da persone estranee che mi testimoniavano comunque stima e fiducia. Come ho detto dal primo minuto, già ai finanzieri che mi arrestavano, ho sempre agito nell’interesse esclusivo della città. E il fatto che questa cosa sia stata creduta e riconosciuta da una Corte, mi riempie il cuore di una gioia difficile da raccontare”.

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