Novità a Verbania: arresti motivati dal “clamore” mediatico
Cortocircuito: la procura che sta svolgendo le indagini sulla tragedia del Mottarone motiva il fermo dei tre indagati "in considerazione del clamore mediatico" della vicenda. Alimentato dalla stessa procuratrice che si occupa del caso
Prosegue il reality show messo in piedi dalla procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi, attorno alle indagini portate avanti dal suo ufficio sulla tragedia della funivia Stresa-Mottarone, costata la vita a quattordici persone. Da giorni ormai, e fin dalle prime ore successive al disastro, la procuratrice rilascia interviste a giornali e televisioni in cui comunica volta per volta le novità dell’inchiesta, dà notizia delle dichiarazioni rese dagli indagati, commenta le varie risultanze e avanza continue ipotesi sulle cause dell’incidente. Un grande show mediatico-giudiziario, che ha come risultato quello di celebrare a livello nazionale l’operato della procura di Verbania su una vicenda drammatica, ma anche quello di contribuire alla mostrificazione degli indagati (come se i fatti non parlassero già da soli).
Nessuno ovviamente pensa che la magistratura debba vivere in una torre d’avorio, isolata dalla società e indifferente alle domande sollevate dall’opinione pubblica – e dai media – sulle responsabilità di tragedie così dolorose. Un conto però è informare il pubblico sulle attività essenziali condotte dal proprio ufficio, un altro è dar vita a una diretta minuto per minuto delle attività di indagine, presentando gli indagati come colpevoli già accertati (quello che vorrebbe evitare la direttiva europea sulla presunzione di innocenza recentemente recepita dal nostro Parlamento).
Il protagonismo della procuratrice di Verbania è inarrestabile. Prima la comunicazione a puntate delle ipotesi di reato. “Omicidio colposo plurimo e lesioni colpose”. Poche ore dopo: “Procederemo anche per disastro colposo”. L’ultima: “Procediamo per manomissione di dispositivo atto a prevenire disastro, omicidio plurimo colposo, lesioni gravissime”. Le ipotesi di reato giustamente mutano di fronte all’evolversi delle indagini, ma allora qual è l’utilità di comunicare ogni volta questi cambiamenti? Nessuno lo sa.
Subito dopo la procuratrice decide di vestire i panni di ingegnere meccanico e di lanciarsi in una serie di dichiarazioni sulle cause dell’incidente, ancora tutte da chiarire: “Il cavo era tranciato a terra e il sistema di freni di sicurezza pacificamente non ha funzionato”; “logica vorrebbe che si è spezzato il cavo e l’impianto frenante non ha funzionato, ma può anche essere il contrario”; l’errore umano “è tra le ipotesi”. Chissà. Poi arriva la svolta. Il capo servizio della funivia ammette ai magistrati che il freno d’emergenza era stato disattivato per impedire che l’impianto, malfunzionante, si fermasse. La procura dispone il fermo per il dipendente, ma anche per il proprietario e il direttore d’esercizio. Tutto è in evoluzione ma, per non farsi mancare niente, giovedì la procuratrice Bossi rilascia una lunga intervista a La Stampa in cui non mostra alcun dubbio: “Ci troviamo di fronte a chi, a fronte di un proprio interesse, ha preferito mettere a repentaglio la vita degli altri. Parliamo di un’impresa che ha violato, per decisione dei suoi responsabili, norme in materia di sicurezza”. Le condotte degli indagati, tuttavia, sono ancora da chiarire e infatti, in un passaggio successivo dell’intervista, la procuratrice più modestamente dichiara: “Noi sosteniamo che anche Nerini e Perocchio sapevano e volevano che si procedesse così per non fermare l’impianto per un controllo approfondito”. Così, quelle presentate un minuto prima come certezze si rivelano ipotesi. Il messaggio però ormai è stato lanciato. “Hanno tolto freni per soldi”, è la sintesi degli organi di informazione, che sulla vicenda sono scatenati.
Uno show dai risvolti paradossali. Basti considerare che la procura di Verbania ha motivato il fermo per i tre indagati con il pericolo di fuga, che sussiste – scrivono i pm – “anche in considerazione dell’eccezionale clamore a livello anche internazionale per l’intrinseca drammaticità” dell’incidente. Ad alimentare il clamore, però, paradossalmente sono anche le continue esternazioni della procuratrice Olimpia Bossi. Nulla esclude che anche il proprietario e i vertici della funivia ammettano nelle prossime ore le proprie responsabilità, o che queste emergano durante il processo. Ciò che colpisce è la volontà della procura di dar vita a un processo mediatico anticipato, elevandosi a giustiziere della società. “Noi magistrati dobbiamo astenerci da giudizi morali, ma qui c’è una gravità di condotta a tutela che smuove la coscienza di chiunque”, ha affermato la procuratrice Bossi. Un magistrato fino a pochi giorni fa sconosciuto al grande pubblico e che, secondo un ritratto dedicatole dal Corriere della Sera, “non ama il clamore della stampa”. E menomale.