Riforma, adesso!
Pisapia al Foglio: “Estirpare i cattivi costumi. Cartabia sulla strada giusta”
"Basta con la gogna mediatica. Cambiare la giustizia conviene ai partiti, fa bene al consenso. I magistrati che sbagliano? Non pagano mai, è l’unica categoria che non risponde del proprio operato", dice l'ex sindaco di Milano
“La ministra della Giustizia Cartabia ha indicato la strada: o la riforma si fa ora o sarà la distruzione della giustizia”, usa toni apocalittici l’europarlamentare Giuliano Pisapia in una conversazione con il Foglio. Sotto il cielo latteo di Bruxelles, l’ex sindaco di Milano torna alla sua antica passione, i tribunali: “In primo luogo, la riforma va fatta perché è una cosa giusta. In secondo luogo, se non riformiamo il sistema, perderemo i fondi europei di Next Generation Eu. Da professoressa alla Statale di Milano e poi da giudice costituzionale, la ministra Cartabia ha ribadito a più riprese che un cambiamento era indispensabile. Le proposte presentate dalla commissione di studio coordinata dal presidente Giorgio Lattanzi vanno nella direzione giusta”.
Con il ministro di prima, Alfonso Bonafede, ce l’avremmo fatta? “Guardi, per fortuna è arrivato Mario Draghi, una persona concreta, competente, riservata, che ha nominato una nuova compagine di ministri e ha portato un cambio di passo, anche sui vaccini. Quello precedente, Giuseppe Conte, non faceva che parlare parlare parlare. Draghi parla meno ma fa le cose”. È possibile mettere d’accordo Pd, Lega e M5s sulla separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente? “Io sono favorevole ma penso che in questa fase dobbiamo partire dai temi che uniscono. I capisaldi di una buona riforma sono tre: i tempi del processo, la riforma del Csm e le condizioni spesso disumane delle nostre carceri. Dobbiamo smetterla di politicizzare il tema”.
Ha letto il libro di Luca Palamara sul “sistema”? “Le confesso che al termine della lettura ero allucinato. Nessuno ha osato smentire quanto raccontato dal protagonista, salvo Armando Spataro che ha evidenziato un errore, poi riconosciuto dallo stesso autore. Sia chiaro: il sospetto che talune decisioni non fossero guidate da un criterio di merito ma da logiche lottizzatorie tra correnti albergava già da molte parti, ma vedere quelle storie squadernate in quel modo, financo nei dettagli più miseri, mi ha impressionato”. Lei ha capito perché le rivelazioni sulla cosiddetta “loggia Ungheria”, trasmesse informalmente all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, siano finite sulla stampa prima che al Csm per vie ufficiali? “Una vicenda inimmaginabile, mai avrei pensato che potesse accadere una cosa simile. Speriamo di poter conoscere la verità un giorno”.
Lei come riformerebbe il Csm? “Semplice: i provvedimenti disciplinari non possono essere decisi da chi è stato eletto grazie ai voti dei colleghi. Serve un’alta corte di giustizia composta da figure davvero sopra le parti indicate dal presidente della Repubblica”.
Il ministro Marta Cartabia punta anche a limitare la capacità di impugnazione del pubblico ministero. “Io sono favorevole, del resto la Costituzione prevede espressamente che, per condannare qualcuno, non debba esistere neanche un ragionevole dubbio. Se una persona viene assolta in primo grado vuol dire che un giudice (monocratico) o addirittura tre giudici lo hanno ritenuto innocente”. Quali altri cambiamenti sono necessari? “Non è solo questione di norme. Ci sono dei cattivi costumi da estirpare, senza necessità di modifiche normative. Un esempio è la gogna mediatica: le norme regolano scrupolosamente la pubblicazione di atti investigativi, già oggi il nostro ordinamento stabilisce che l’iscrizione nel registro degli indagati sia del tutto riservata, sono previste sanzioni per chi sgarra, eppure accade e nessuno indaga sulla fonte della fuga di notizie, si preferisce piuttosto incolpare il giornalista che pubblica. Un altro esempio è l’abuso della custodia cautelare in carcere che, stando al codice di procedura penale, dovrebbe essere extrema ratio, i nostri paletti normativi sono tra i più avanzati in Europa, eppure ogni anno nel nostro paese migliaia di persone finiscono in galera da innocenti. E che dire dei magistrati che sbagliano?”.
Eh, mi dica. “Non pagano mai, sono l’unica categoria che non risponde del proprio operato. Non mi riferisco soltanto alla responsabilità civile, quindi economica, ma anche alla sanzione in termini di progressione di carriera”. Riformare la giustizia conviene ai partiti? “La risposta è sì: tra i sette e gli otto milioni di italiani sono direttamente interessati da un processo; se si sommano le persone indirettamente coinvolte, come i familiari, la cifra supera abbondantemente i dieci milioni. Riformare la giustizia, dunque, è giusto e fa bene al consenso”.