Le proposte di Antigone a Cartabia per ridisegnare la vita in carcere
Il rapporto di metà anno dell'associazione. Istituti penitenziari affollati, ancora. Ma una soluzione c'è già: le misure alternative
"Non può esserci giustizia dove c'è abuso", hanno detto il premier Draghi e la ministra della Giustizia Cartabia a Santa Maria Capua Vetere, durante la visita istituzionale nei luoghi delle violenze contro i detenuti avvenute un anno fa. La loro è un'alleanza che forse potrà finalmente fare la differenza, come scrive sul Foglio Adriano Sofri, con l'attesa riforma della Giustizia. Perché "ciò che accade nelle carceri ci riguarda tutti". Nel presentare il rapporto di metà anno sulla situazione delle carceri italiane, l'associazione Antigone parte proprio da lì, dal carcere dell’“orribile mattanza”, come l'hanno definita i magistrati casertani. E allarga lo sguardo su tutta Italia. Antigone, che si occupa dei diritti delle persone private della libertà, è attualmente coinvolta in 18 procedimenti penali che hanno per oggetto violenze, torture, abusi, maltrattamenti o decessi avvenuti negli ultimi anni in varie carceri italiane. Alcuni di essi si riferiscono alle presunte reazioni violente alle rivolte scoppiate in alcune carceri tra il marzo e l'aprile 2020 per la paura generata dalla pandemia e per la chiusura dei colloqui con i parenti.
Dalla prevenzione e repressione della violenza (con l'introduzione di strumenti di identificazione del personale, l'ampliamento della videosorveglianza, meccanismi di protezione del detenuto che sporge denuncia), alla prevenzione del rischio di suicidi fino a maggiori tutele per il lavoro delle persone detenute, le proposte di Antigone per un nuovo regolamento penitenziario toccano diversi ambiti. Il documento è stato inviato a Draghi e Cartabia e ai parlamentari delle Commissioni giustizia di Camera e Senato. A oltre 20 anni dall'approvazione del regolamento penitenziario in vigore, "oggi - si legge nel testo - è necessario ripensare disposizioni che risalgono a un modello di carcere diverso da quello che le esperienze del nuovo millennio - comprese quelle della pandemia - permettono di configurare".
Ma com'è la situazione delle carceri, oggi? Secondo il rapporto, al 30 giugno 2021 il numero di persone detenute si attesta a 53.637, di cui 2.228 donne (4,2 per cento) e 17.019 stranieri (32,4 per cento), per 50.779 posti ufficialmente disponibili e un tasso di affollamento ufficiale del 105,6 per cento.
Carceri affollate. Ancora
Come da anni a questa parte, ormai, è sempre l'affollamento degli istituti il primo punto a essere evidenziato dall'associazione. Un nodo critico che, nonostante il calo dovuto alle uscite dal carcere grazie ai permessi dell'autorità giudiziaria in seguito all'emergenza Covid, rimane un'indecenza per uno stato di diritto che è costata al nostro paese condanne e sanzioni in sede europea. La prima illegalità è il sovraffollamento, quello che secondo Piercamillo Davigo sarebbe “una balla”. Il reale tasso di affollamento nazionale è invece addirittura superiore a quello ufficiale in quanto, come ricordato dal Garante nazionale, a metà giugno 2021 i posti effettivamente disponibili erano 47.445 per un tasso di affollamento reale del 113,1 per cento. Se 117 istituti su 189 hanno un tasso di affollamento superiore al 100 per cento, in undici di questi l'affollamento supera il 150 per cento. I cinque peggiori: Brescia (378 detenuti, 200 per cento), Grosseto (27 detenuti, 180 per cento), Brindisi (194 detenuti, 170,2 per cento), Crotone (148 detenuti, 168,2 per cento), Bergamo (529 detenuti 168 per cento).
Misure alternative come risposta all'affollamento delle carceri
Se si puntasse sulle misure alternative si ridurrebbero in maniera significativa i numeri dell'affollamento. Il 36 per cento del totale dei detenuti deve scontare meno di 3 anni. Questi, se si eccettuano i condannati per reati ostativi, avrebbero potenzialmente accesso alle misure alternative. Se solo la metà vi accedesse il problema del sovraffollamento penitenziario sarebbe risolto.
Droghe e dipendenze
Antigone ricorda che un detenuto su quattro è tossicodipendente e più di uno su tre è in carcere per violazione del Testo Unico sulle droghe (un terzo dei quali è straniero). Se si volge lo sguardo alla persona e non al reato, i dati raccontano di come circa 1 detenuto su 4 sia tossicodipendente.
In generale, gli stranieri detenuti in Italia sono il 32,4 per cento (17.019 persone). Una presenza in costante flessione dal 31 dicembre del 2018, quando la percentuale sfiorava i 34 punti. Si tratta anche del secondo dato più basso nell’ultimo decennio.