Caiazza ci spiega perché il M5s è in cortocircuito sulla giustizia
Per il Movimento, venir meno ai principi della riforma Bonafede è politicamente inaccettabile. Ma non farlo porta al paradosso: brava Cartabia a migliorare il possibile
“La riforma Bonafede, cioè il principio dell’eliminazione di ogni forma di sanzione della durata irragionevole dei processi, è una assurdità barbara. Va quindi dato atto al governo e alla ministra Cartabia di aver avuto il coraggio di proporre un superamento di questo principio, soprattutto dato il quadro politico nel quale ci troviamo”. Così, intervistato dal Foglio, Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali italiane (Ucpi), commenta la proposta della prescrizione processuale formulata dalla Guardasigilli Marta Cartabia, ora al centro di una delicata mediazione nella maggioranza di governo. La riforma prevede l’estinzione del processo per improcedibilità se si supera la durata di due anni in appello (tre per i reati più gravi) e uno in Cassazione (o 18 mesi).
Per Caiazza, quella formulata da Cartabia non rappresenta la soluzione ottimale alla barbarie del processo eterno introdotto da Bonafede, ma occorre tener conto del contesto politico attuale: “Sarebbe stato preferibile recuperare la prima proposta avanzata dalla Commissione Lattanzi, quella che migliora la riforma Orlando prevedendo una sospensione del decorso della prescrizione per massimo due anni dopo la sentenza di primo grado e un anno dopo l’appello. Se entro il termine il processo non viene celebrato, la prescrizione riprende a decorrere e il periodo di sospensione intercorso è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere”. Perché questa ipotesi è stata scartata dalla ministra Cartabia? “Per le pretese propagandistiche dei Cinque Stelle, che hanno visto nella proposta un’abrogazione della riforma Bonafede politicamente inaccettabile”, spiega Caiazza. “Si è dovuto quindi confermare il principio della riforma Bonafede, cioè l’abolizione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado, introducendo una prescrizione processuale. Poi però i Cinque Stelle si sono resi conto che la prescrizione processuale, rispetto alle loro ‘sensibilità’, crea problemi persino maggiori”.
I grillini, capitanati da Giuseppe Conte, sono così insorti contro la riforma Cartabia (addirittura arrivando a minacciare l’astensione su una riforma sulla quale Draghi ha chiesto la fiducia). A supporto di questa indignazione forcaiola sono giunti i magistrati. Per l’Anm l’intervento proposto dal governo mette a rischio 150 mila processi. Alcuni pm simboli del fronte antimafia, come il procuratore nazionale Federico Cafiero De Raho e Nicola Gratteri, hanno paventato il rischio della morte di migliaia di processi di mafia: “E’ una menzogna – replica Caiazza – Non esistono processi di mafia che vengono celebrati in appello oltre un termine di due anni, per una ragione banalissima. Si tratta di processi a carico di imputati detenuti e nessuna corte d’appello fa scadere i termini di custodia cautelare senza celebrare il processo. Quindi i processi di mafia, checché sostenga questa vulgata menzognera, hanno da sempre una corsia privilegiata e tempi di celebrazione imparagonabilmente più brevi dei processi ordinari. Gratteri e De Raho lo sanno benissimo, e quindi siamo di fronte a una pressione indebita, ideologica e vagamente terroristica. Si usa il pretesto dei processi di mafia che andrebbero in fumo per condizionare la libera determinazione del legislatore”.
Quanto ai processi non di mafia, per Caiazza si pone un problema di prospettive: “Nel nostro Paese quando un imputato arriva a una sentenza di primo grado è già prigioniero del suo processo da un numero indecoroso di anni, almeno cinque. Il problema non è se nei due o tre anni successivi si riuscirà a celebrare il processo di appello, ma se sia civile pretendere che questa persona, già impelagata nella sua vicenda giudiziaria da così tanto tempo, lo rimanga per altri due o tre anni. La prescrizione è un rimedio a un’anomalia, che è la durata irragionevole del processo. Su questi termini bisognerebbe ragionare”.
Per tutti questi motivi, il presidente dell’Ucpi si dice contrario all’ipotesi di perpetuare “l’ossessione del doppio binario”, escludendo dalla riforma alcuni processi, come quelli di mafia e terrorismo, mentre non è da respingere la proposta di differire l’entrata in vigore della riforma “per consentire che le risorse per le riforme strutturali vadano a regime”.
“Ha ragione la ministra Cartabia quando dice che la riforma della prescrizione non va valutata in sé, ma nel contesto della riforma strutturale della giustizia – conclude Caiazza – Da trent’anni si fanno riforme della giustizia a costo zero. Stavolta invece arrivano i soldi, parliamo di assunzione di magistrati e di cancellieri, di digitalizzazione, di ufficio del processo. Queste sono le soluzioni vere per ridurre i tempi del processo”.