Come superare la guerra interna alla magistratura
"Il problema è il potere e lo strapotere vergognoso che le correnti hanno dentro la magistratura, che incide nei procedimenti disciplinari dei singoli magistrati e che impedisce a quelli bravi di fare carriera". L'intervento di Matteo Renzi al Senato
Ci sono dei momenti in cui converrebbe tacere, per buon senso, per utilità o per esigenze personali, ma ci sono dei momenti in cui tacere sarebbe un atto da codardi e da vigliacchi: questo è uno di quei momenti.
La riforma Cartabia, che voteremo con convinzione - lo dichiaro subito - è un ottimo primo passo. Come ci dice la storia, il primo passo ti toglie da dove sei, non ti porta ancora dove devi arrivare: ci toglie cioè dalla riforma Bonafede, che doveva abolire la prescrizione, ma che ha prodotto la prescrizione della riforma, e ci porta verso una dimensione nuova, di sfide importanti per il mondo della giustizia. Il dato di fatto, però, è che questa situazione viene a collocarsi nel momento più tragico della storia del potere giudiziario della vita repubblicana. Molti non hanno il coraggio di dirlo, anche tra di noi, onorevoli colleghi. Tra di noi siamo in tanti a rinunciare al gusto della verità, per paura, perché per anni tutti - o molti - abbiamo consentito di lasciare non a dei singoli magistrati, ma alla subalternità della politica, che fossero i pubblici ministeri a decidere chi poteva far carriera politica e chi no, perché abbiamo detto che l'avviso di garanzia costituiva una sentenza di condanna.
In questi anni il potere legislativo e il potere esecutivo hanno attraversato dei momenti di difficoltà. Il potere giudiziario mai: questo è il primo momento, drammatico.
Attenzione, non parlo dei giudici, a cui ci rivolgiamo con parole di deferente omaggio e stima, oggi, il giorno dopo l'anniversario della morte di un gigante della nostra società, quale era Rosario Livatino.
Oggi, nel momento in cui ricordiamo i tanti colleghi politici, ma anche i tanti magistrati che hanno dedicato la propria vita alle istituzioni, il punto vero è che il potere giudiziario è in crisi; chi lo nega nega la realtà. Perché è in crisi? È in crisi per colpa della politica? No. La politica per anni ha discusso e litigato sulle questioni della giustizia. Diciamoci le cose come stanno, una volta per tutte: c'è stata una parte di quest'Aula e dell'Aula della Camera, in particolar modo a sinistra, che ha immaginato di trarre vantaggio dalle vicende giudiziarie che riguardavano un'altra parte della politica, la parte che stava nell'emiciclo a destra. È stato così; c'è una responsabilità politica della sinistra nell'aver cercato di strumentalizzare questo e della destra nell'aver risposto a questa crisi con leggi ad personam. C'è una responsabilità di tutti, nessuno si può tirare indietro, oggi, nel giudicare la fine di questi trent'anni di lunga guerra tra magistratura e politica.
Ma la magistratura non ha mai avuto problemi e ha sempre utilizzato ciò che avveniva in quest'Aula recuperando forza e tenendosi unita all'interno. Oggi non è più così. Perché, signora Presidente? Per tanti motivi. Ma il vero elemento drammatico è che c'è una disgregazione all'interno della magistratura. Questa disgregazione porta ad avverare la profezia dell'allora direttore di Radio radicale Massimo Bordin, che arrivava a definire il futuro il luogo nel quale i magistrati si sarebbero vicendevolmente arrestati. Chi di noi ha iniziato a fare politica ricordando il momento tragico e drammatico di Mani pulite non può non vedere come elemento sconvolgente il fatto che due dei personaggi del pool, gli unici due rimasti, oggi siano alle carte bollate tra di loro. Vi rendete conto che nessuno ha il coraggio di dire quello che sta succedendo, come se la politica avesse paura a parlare di ciò che sta accadendo in magistratura? Questo disastro del potere giudiziario oggi sta impedendo a tante donne e a tanti uomini magistrati di valorizzare ciò che essi sono e rappresentano, perché viviamo in una cappa di preoccupazione e di timore. Io avverto il bisogno di dirlo qui, senza alcuna paura e senza alcun elemento di timore reverenziale.
La magistratura nel 2021 ha iniziato un cammino preoccupantissimo. Perché è avvenuto questo? Per fattori politici? Perché è venuta meno la guida politica dei 5 Stelle sulla magistratura? Non lo so. Devo dare atto all'attuale Ministro degli esteri di aver detto parole chiare sull'uso barbaro e incivile, da parte dei 5 Stelle nel 2016, della questione giudiziaria; scuse timide e tardive, ma pur sempre scuse, quelle del ministro Di Maio. Credo che questo tipo di scuse cancelli, almeno nel dibattito politico, il fatto che la guida del sistema della magistratura o, meglio, del sistema della politica inerente alla magistratura, negli anni del ministero Bonafede, sia stata una guida profondamente giustizialista. Quando si diceva che giustizialismo e garantismo sono due diversi estremismi, agli amici che immaginano quella parte politica come un solido punto di riferimento del progressismo non posso che dire: "auguri, se pensate questo". Io vengo da una cultura in cui la Costituzione è una cosa seria e il giustizialismo è un elemento di deformazione della Costituzione.
Ma, al netto di questo, il punto fondamentale che voglio dire - e mi avvio a chiudere, signora Presidente - è che c'è un elemento chiave da affrontare. In questo momento, dopo ciò che è accaduto nel dibattito politico, sono partite, nelle dinamiche interne alla magistratura, tensioni forse mai sopite in passato, che sono esplose in una guerra oggettiva, che sta portando a indagini su indagini di magistrati contro altri magistrati. Se volete far finta di non vedere questo, fatelo pure. Ma è un dato di fatto che vi riguarda, anche se voi fate finta di non accorgervene. E su questo c'è un punto da dire. Il problema non è la separazione delle carriere, paradossalmente; il punto è il potere e lo strapotere vergognoso che le correnti hanno dentro la magistratura, che incide nei procedimenti disciplinari dei singoli magistrati e che impedisce a dei magistrati bravi e di livello di fare carriera se non sono iscritti ad alcune correnti. La vera separazione della carriera è da fare tra la corrente e il magistrato; tu devi far carriera se sei bravo, non sei iscritto a una corrente.
Al giorno d'oggi è inaccettabile che la prima reazione al fatto che vi sia un procedimento sia chiedere a che corrente è iscritto quel magistrato. L'autorevolezza del CSM ha toccato i punti più bassi con la sua attuale composizione per colpa anche nostra - io ho fatto anche autocritica personale - per la selezione dei candidati laici. Bisogna avere il coraggio di dirla tutta. Il punto vero è che, se il CSM va a disciplinare giudicando sulla base dell'appartenenza alla singola corrente e non sulla base dei fatti, siamo in presenza di un problema che riguarda tutti.
Chi di noi ha questioni giudiziarie a parte se le veda nelle sedi deputate. Io sono intervenuto a voce alta e a testa alta qui nel dire che c'era una procura che, a mio giudizio, stava sorpassando i limiti dell'azione giudiziaria e non ho preso un avviso di garanzia subito dopo, ma ne ho presi due dalla stessa procura e non ho nessun problema a dire che non utilizzo questi luoghi per affrontare le mie vicende perché le affronto nelle sedi opportune, convinto come sono della limpidezza e della tranquillità del mio operato.
Il punto è che riguarda anche voi. Dobbiamo prendere atto che oggi c'è un problema gigantesco di magistrati: ci sono magistrati straordinariamente bravi e all'altezza delle sfide del nostro tempo che sono rinchiusi dal potere delle correnti, che - lasciatemelo dire - è uguale a quello che aveva la partitocrazia trenta anni fa. Alla fine della guerra dei trent'anni possiamo dire che la correntocrazia dentro la magistratura del 2021 è come la partitocrazia nella politica del 1991.
Dobbiamo avere il coraggio di dire parole chiare su elementi di oggettivo malfunzionamento della magistratura perché, quando le correnti dicono di voler stringere un cordone sanitario intorno al senatore X o Y, non si deve preoccupare quel senatore, ma il Senato.
Signor Presidente, di fronte a quanto sta succedendo in questo momento le mie conclusioni riguardano tre punti. Per esigenze di tempo saranno tre tweet: i magistrati devono sentirsi liberi di fare bene il proprio lavoro, anche se non sono iscritti a una corrente; i politici devono avere il coraggio di guardare in faccia senza preoccupazioni di sorta perché un avviso di garanzia non può bloccare una carriera; non si può continuare a parlare di nuove guarentigie. C'è un dato di fatto: le guarentigie dei parlamentari sono costituzionalmente garantite e quotidianamente ignorate da un utilizzo mediatico della magistratura e delle indagini. Se di fronte a questo non utilizziamo i tempi che vanno da qui al rinnovo del CSM nel luglio del 2022 per scrivere una pagina nuova, non importa chi sarà il prossimo a essere coinvolto. La vera vittima della nostra inerzia sarà la credibilità delle istituzioni e la dignità della magistratura.
Non conveniva che parlassi, ma ci sono dei momenti in cui avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome è un dovere politico, civile e morale.