Da Trani a Taranto. Cosa vuol dire spostare un sistema marcio da una procura all'altra
L'inchiesta per corruzione su Ilva che vede coinvolti l'ex commissasrio Enrico Laghi, il procuratore Carlo Maria Capristo e il solito Piero Amara è una metastasi del "Sistema Trani" che il Csm ha innestato a Taranto
Enrico Laghi, ex commissario dell’Ilva in amministrazione straordinaria indicato dal governo Renzi, è accusato di corruzione in atti giudiziari. Il gip ha disposto il sequestro di 363 mia euro e gli arresti domiciliari, sebbene la procura di Potenza guidata da Francesco Curcio avesse richiesto addirittura la detenzione in carcere. Secondo il pm, Laghi sarebbe “il regista occulto e spregiudicato” di un “disegno criminoso” che vedeva coinvolti l’ex Procuratore della Repubblica di Trani e di Taranto, Carlo Maria Capristo, il suo sodale avvocato Giacomo Ragno, il solito Piero Amara, il funzionario di Polizia Filippo Paradiso e il consulente dell’Ilva Nicola Nicoletti. Tutti erano coinvolti in uno scambio intrecciato di favori e utilità: consulenze, sponsorizzazioni, atti giudiziari favorevoli, raccomandazioni.
L’inchiesta della procura di Potenza non è nuova, risale ormai a giugno scorso. Allora Laghi non risultava indagato ma ora, a seguito di alcune dichiarazioni degli indagati, la posizione del manager è mutata: da estraneo alla vicenda a “coordinatore” dell’attività criminosa con “una posizione di primazia su tutti i soggetti coinvolti”. In sintesi, il commissario dell’Ilva, per accreditarsi al governo come risolutore della più importante crisi industriale del paese, avrebbe asservito la funzione del procuratore di Taranto, Capristo, distribuendo incarichi e consulenze ad amici del magistrato (come gli avvocati Ragno e Amara) per ottenere un trattamento di favore in diversi procedimenti penali sul polo siderurgico. Questa ricostruzione, per quanto abbia una logica che andrà comunque dimostrata in un eventuale processo, rischia però di relegare al ruolo di comprimario o comunque di sottovalutare la figura davvero centrale in questa vicenda: il procuratore Carlo Maria Capristo. Non fosse altro perché è la riproposizione a Taranto di un meccanismo ben collaudato a Trani, quando Capristo guidava la procura.
E’ il cosiddetto “Sistema Trani”, svelato da un’inchiesta della procura di Lecce, che ha portato alla condanna di due pm (Savasta e Scimè), di un giudice (Nardi) e diversi avvocati tra cui Ragno, l’amico di Capristo ora indagato con lui a Taranto. In sostanza, i magistrati tranesi avevano messo in piedi un sistema corruttivo: gli indagati pagavano mazzette, spesso ad avvocati legati ai magistrati, per aggiustare inchieste e processi. Lo strapotere della procura era talmente forte che spesso gli imprenditori più che corruttori erano vittime di concussione: una volta oggetto di inchieste, perquisizioni e misure restrittive ricevevano il consiglio di affidarsi un avvocato di fiducia dei magistrati per uscirne. Una di quelle offerte che non si possono rifiutare, insomma.
Il bubbone di Trani è scoppiato qualche anno fa, ma questo sistema ha prosperato per anni sotto la gestione di Capristo. E poi si è trasferito a Taranto. Secondo i pm di Potenza, Ilva dà lauti incarichi ad avvocati completamente sconosciuti come Ragno (263 mila euro) e Amara (90 mila euro) su richiesta di Capristo. D’altronde Ragno è colui che ha organizzato insieme a Nardi (il perno del Sistema Trani) la festa di insediamento a Trani di Capristo, il suo uomo di fiducia. E Amara è colui che, sempre a Trani, consegnò a Capristo il dossier sul falso complotto Eni e che poi si diede da fare per farlo arrivare a Taranto.
Ora è probabile che Laghi, commissario di Ilva, non fosse di fronte a Capristo nella stessa posizione di debolezza analoga a quella di tanti piccoli imprenditori taglieggiati a Trani, ma è anche complicato individuarlo come “regista” di una macchina di relazioni incestuose già ben rodata per anni. In questo senso l’inchiesta di Potenza segnala un problema che non riguarda la classica mela marcia, ma l’intera magistratura: la vicenda Ilva è una metastasi corruttiva del Sistema Trani innestata a Taranto dal Csm, che ha approvato la nomina di Capristo a capo della procura nonostante ci fossero tutti gli elementi per riconoscere gli effetti della sua gestione criminogena a Trani.