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Il finto garantismo di Salvini crolla su Leoluca Orlando
Ventiquattr'ore dopo il voto a favore della presunzione di innocenza, il leader leghista commenta la notizia delle indagini sui presunti falsi in bilancio al comune di Palermo, che vedono coinvolto anche il sindaco dem: “Orlando? A casa”
Il garantismo a intermittenza di Matteo Salvini, valido con i leghisti indagati (sempre presunti innocenti), ma non con i propri avversari politici (sempre sicuri colpevoli), ha ormai preso le forme di una vera e propria burla nei confronti dell’opinione pubblica. Non passa quasi giorno senza che il leader della Lega, con una mano, alimenti la gogna mediatico-giudiziaria contro i politici (non leghisti) indagati e, suo obiettivo preferito, gli immigrati – tanto da inventare il linciaggio via citofono (“Scusi, lei spaccia?”) – e contemporaneamente, con l’altra mano, e con una certa faccia di bronzo, richiami il principio costituzionale di presunzione di innocenza per gli esponenti del proprio partito sottoposti a indagine o a procedimenti giudiziari, arrivando pure a promuovere un referendum per la “giustizia giusta” con i radicali.
Il contrasto è diventato ancora più evidente del solito nelle ultime ore. Mercoledì, in commissione Giustizia alla Camera, la Lega di Salvini vota a favore del parere positivo al decreto legislativo del governo che recepisce la direttiva europea sulla presunzione di innocenza. Il provvedimento prevede una serie di misure volte a limitare la spettacolarizzazione delle inchieste e la gogna mediatico-giudiziaria nei confronti di indagati e imputati. Non passano neanche ventiquattro ore ed ecco che, giovedì, Salvini interviene senza indugio per commentare la notizia delle indagini sui presunti falsi in bilancio al comune di Palermo, che vedono coinvolto anche il sindaco Leoluca Orlando: “Prima del voto va a manifestare con la Cgil, appena dopo il voto viene indagato – scrive Salvini su Twitter - Che stranezze a sinistra… Domani sarò a Palermo per incontrare cittadini e dirigenti della Lega. Orlando? A casa”. Alla faccia del rafforzamento della presunzione di innocenza.
Pochi giorni prima di Orlando era toccato all’ex sindaco di Riace, Domenico Lucano, provare sulla propria pelle il “garantismo” salviniano. Alla notizia della condanna di Lucano in primo grado (quindi, non definitiva) per i presunti illeciti nella gestione dei migranti, il segretario della Lega aveva esultato innescando la “Bestia” sui social con queste parole: “Guadagnava illecitamente sulla gestione degli immigrati, 13 anni di condanna al sindaco di sinistra (e candidato di sinistra alle Regionali in Calabria) Mimmo Lucano, paladino dei radical chic. Giornalisti e politici di sinistra indignati ne abbiamo? No, sono tutti impegnati a fare i guardoni in casa altrui…”.
Scherzo del destino,cinque giorni prima Salvini si era ritrovato a difendere proprio il padre della “Bestia”, Luca Morisi. Con un approccio, però, nettamente diverso: “Sono spiaciuto della schifezza mediatica che condanna le persone prima che sia un giudice, un tribunale a farlo”. “Non conosco la vicenda, sono vicende personali”, aveva aggiunto il leader della Lega, ripetendo che “Luca è una gran brava persona, un amico”. Ci sono giornalisti che sbattono “il mostro in prima pagina. Se poi la settimana prossima uscirà, come sono convinto, che il dottor Luca Morisi non ha commesso alcun reato, chi gli restituirà la dignità? Chi gli chiederà scusa?”.
E insomma, è così Salvini. Un giorno garantista, il giorno dopo forcaiolo. Dipende sempre da chi c’è di mezzo. Lo scorso maggio, dopo il mea culpa di Di Maio sul Foglio per la gogna riservata all’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti (accusato ingiustamente e poi assolto), Salvini giunse a cavalcare la polemica invitando il ministro grillino a firmare i referendum sulla giustizia. Salvini invitò pure lo stesso Uggetti a sostenere la consultazione, dimenticandosi però di aver partecipato attivamente alla gogna contro di lui, recandosi in campagna elettorale a Lodi dopo le dimissioni del sindaco e mimando il gesto delle manette. Piccole amnesie? La verità è che Salvini, il garantismo, non sa neanche dove sta di casa.
L'editoriale del direttore