scoop che non lo erano
La gogna del Fatto si abbatte contro il generale Figliuolo
Il giornale di Travaglio spara in prima pagina un'indagine per corruzione in cui sarebbe coinvolto anche il commissario all'emergenza. Peccato che sia indagato solo come atto dovuto. E vada verso l'archiviazione
"Abiti sartoriali in regalo: indagato anche Figliuolo”. La notizia pubblicata in apertura di prima pagina oggi sul Fatto quotidiano non lascia spazio a dubbi: anche il commissario all’emergenza sanitaria, Francesco Paolo Figliuolo, risulterebbe coinvolto nell’inchiesta su tangenti e corruzione nelle forniture agli apparati militari che è giunta a toccare il capo di Stato maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli, indagato per corruzione. Uno scoop da parte del giornale diretto da Marco Travaglio? Non proprio. Più che altro si è di fronte all’ennesimo caso indegno di gogna mediatico-giudiziaria.
Una volta superato il titolo forcaiolo sparato in prima pagina e letto l’articolo, infatti, si scopre – per stessa ammissione degli articolisti – una realtà ben diversa: l’iscrizione di Figliuolo nel registro degli indagati è stato un atto dovuto, a sua tutela, da parte dei pm; il generale non è mai finito direttamente nelle intercettazioni, ma sarebbero altri a far riferimento a lui; le circostanze riguardano un periodo precedente alla sua nomina da parte del governo Draghi; e soprattutto “nelle prossime settimane, la procura di Roma depositerà una richiesta di archiviazione”.
Insomma, altro che “indagato anche Figliuolo”. Viste le informazioni riportate nell’articolo, il titolo avrebbe dovuto essere: “Figliuolo indagato per atto dovuto e verso l’archiviazione”. In questo modo, però, il Fatto quotidiano non avrebbe alimentato gli istinti forcaioli dell’opinione pubblica e gettato fango sull’immagine del commissario all’emergenza sanitaria, nominato dall’odiatissimo premier Draghi.
Anzi, visto che per il giornale diretto da Travaglio il fango nel ventilatore non è mai abbastanza, ecco l’accostamento del nome di Figliuolo ad “abiti sartoriali in regalo”. Il riferimento, anche in questo caso del tutto improprio, è al contenuto delle accuse mosse nei confronti di Vecciarelli e su cui stanno indagando i pm. Il capo di Stato maggiore è infatti accusato di corruzione per l’esercizio della funzione: secondo le accuse, si sarebbe messo a disposizione di una società fornitrice di mascherine e macchinari per la produzione e il confezionamento di mascherine. In cambio Vecciarelli avrebbe ricevuto per sé e i suoi familiari utilità consistite “nella donazione di generi alimentari e di 58 capi di abbigliamento”. E nel capo di imputazione si citano: “Abiti sartoriali, cappotti, vestito da sposa, giacche, camicie e divise”.