Stop alle inchieste show: novità importanti dal Cdm contro la gogna mediatico-giudiziaria

Ermes Antonucci

Il governo ha dato via libera al recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza e prova a indebolire i legami tra le procure e le redazioni. Semplici principi di civiltà giuridica? Quasi una rivoluzione

Stop al protagonismo mediatico dei pubblici ministeri e alla colpevolizzazione anticipata di indagati e imputati sottoposti a procedimenti penali. E’ questo l’obiettivo ambizioso, soprattutto in un Paese come il nostro, patria della gogna mediatico-giudiziaria, che si prefigge il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella serata di giovedì. Un successo per il ministro della Giustizia Marta Cartabia, riuscita nell’impresa di far recepire all’Italia le misure europee, ponendo fine a un inadempimento durato cinque anni (che avrebbe potuto anche portare a procedure di infrazione), ma evitando allo stesso tempo rotture all’interno della maggioranza di governo su un tema da sempre divisivo. Una lunga e delicata opera di mediazione, a cui hanno contribuito anche il sottosegretario Francesco Paolo Sisto e il deputato di Azione, Enrico Costa, relatore del testo alla Camera.


Il provvedimento finale ribadisce l’importanza del principio di innocenza (già previsto dall’articolo 27 della Costituzione), stabilendo in modo chiaro che “è fatto divieto alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l'imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”. In caso di violazione del divieto, l’interessato ha diritto di richiedere all’autorità pubblica la rettifica della dichiarazione resa. La direttiva europea specifica che per autorità pubbliche debbano intendersi “le autorità giudiziarie, di polizia e altre autorità preposte all’applicazione della legge”, così come “altre autorità pubbliche, quali ministri e altri funzionari pubblici”.


Le novità di maggior rilievo riguardano i rapporti tra gli uffici di procura e gli organi di informazione, che continueranno a essere gestiti dai capi degli uffici o da pm delegati, ma solo attraverso comunicati stampa ufficiali. Le conferenze stampa potranno essere convocate solo “nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti” e – come richiesto e ottenuto dal Parlamento – solo con un atto motivato da ragioni specifiche (lo stesso vale per le comunicazioni affidate agli ufficiali di polizia giudiziaria). In generale, comunque, la diffusione di informazioni sui procedimenti penali sarà consentita “solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico”, e con modalità che permettano di “chiarire la fase in cui il procedimento pende” e di assicurare il diritto dell’indagato e dell’imputato “a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”.


Il provvedimento, inoltre, stabilisce il divieto di assegnare alle indagini “denominazioni lesive della presunzione di innocenza”. Stop, in altre parole, alla prassi che vede pm e polizia giudiziaria affibbiare alle inchieste nomi allusivi e dal tono inquisitorio (come “Mondo di Mezzo”, “Terminator 3”, “Angeli e demoni”).


Insomma, il decreto afferma semplici principi di civiltà giuridica, ma la novità sta proprio qui (e per capirlo basta osservare la reazione avuta da Nino Di Matteo, ora consigliere del Csm, secondo cui “la direttiva porta a una svolta illiberale, è un bavaglio”).


E’ chiaro, dunque, che la vera partita si giocherà sulla concreta attuazione delle disposizioni previste dal decreto, come sottolinea Enrico Costa, che al Foglio parla di “momento storico per lo stato di diritto”. “All’inizio questo risultato sembrava impossibile – afferma il deputato di Azione – Basti pensare che il mio emendamento alla legge di delegazione europea, per recepire la direttiva europea sulla presunzione d'innocenza, inizialmente era stato respinto dalla maggioranza in commissione. Con tenacia abbiamo insistito e siamo riusciti a convincere il Parlamento, che ha detto sì praticamente all'unanimità”. “L’impegno della ministra Cartabia è stato fondamentale nel raggiungimento di un’intesa nella maggioranza – riconosce Costa – anche perché i Cinque stelle all’inizio non erano favorevoli al provvedimento”. “Ora occorrerà vigilare che queste regole siano rispettate e che quello che è uscito dalla porta, cioè le inchieste spettacolo, il marchio di colpevolezza sugli indagati, i nomi alle inchieste, le conferenze stampa di magistrati e forze di polizia, non rientri dalla finestra. Saremo attenti a segnalare ogni violazione”.

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