La solita gogna
Dal caso Open alle inchieste sul Cav. Le avventure della procura preferita dal Fatto
A Firenze non s'indaga solo sul leader di Italia viva. La procura del capoluogo toscano ritiene Berlusconi mandante occulto delle stragi di mafia avvenute tra il 1993 e il 1994. Con gran battage mediatico da parte di alcuni quotidiani
Ormai è diventata la procura più in vista e più mediatica del Paese. Al centro delle cronache giudiziarie c’è sempre lei: la procura di Firenze. Non bastava la girandola di inchieste aperte nei confronti dell’ex premier Matteo Renzi, dei suoi familiari e dei suoi collaboratori (in ultimo quella sulla fondazione Open), finite sulle prime pagine dei giornali, ma caratterizzate da una lunga serie di anomalie, raccontate lunedì su questo giornale. L’altra specialità della casa, alla procura fiorentina diretta da Giuseppe Creazzo, è infatti l’inchiesta sui mandanti occulti delle stragi mafiose del 1993, che vede indagati nientedimeno che l’ex premier Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri.
L’inchiesta, che parte da lontano e che in passato è già stata archiviata due volte, è stata riaperta dai pm fiorentini nel 2017 sulla scorta di un fascicolo proveniente dalla procura di Palermo. A inviare il fascicolo erano stati i pm del processo sulla cosiddetta “trattativa Stato-mafia” (Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia), quello che poi sarebbe clamorosamente crollato con l’assoluzione di tutti gli esponenti politici e istituzionali imputati: assoluzione definitiva per Calogero Mannino, assoluzione in appello per Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno e Marcello Dell’Utri. Il dossier inviato dai pm palermitani ai colleghi fiorentini conteneva le intercettazioni dei colloqui avuti in carcere dal boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, condannato con il fratello Filippo per le stragi mafiose del 1992 e del 1993, colloqui dai quali secondo gli inquirenti emergerebbe il nome di Berlusconi. Una volta riaperta l’indagine, Graviano ha deciso di cavalcare l’onda e, sentito il 7 febbraio 2020 dalla corte di assise di Reggio Calabria, ha sostenuto di aver incontrato tre volte Silvio Berlusconi tra il 1982 e il 1993 e anche che l’ex premier avrebbe avuto rapporti economici con Totuccio Contorno, uno dei primi pentiti di Cosa nostra. Di riscontri a queste affermazioni, ovviamente, neanche l’ombra.
L’inchiesta della procura di Firenze è proseguita, accompagnata dalla celebrazione mediatica di alcuni quotidiani, il Fatto quotidiano in testa. Del resto a condurre l’indagine sono i pm Luca Tescaroli e Luca Turco, quest’ultimo autore delle inchieste nei confronti dei genitori dell’ex premier Matteo Renzi e ora della fondazione Open. Due anni fa, in vista della citazione di Berlusconi come teste assistito al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, i legali del premier sono riusciti ad apprendere l’elenco dei reati contestati al loro assistito. Si è così scoperto che Berlusconi risulta accusato di tutta la strategia stragista del 1993 e 1994: dalle stragi mafiose di Roma, Firenze e Milano, all’attentato fallito a Maurizio Costanzo, per poi passare al tentativo di omicidio del pentito Salvatore Contorno, fino ad arrivare alla mancata strage allo stadio Olimpico del 1994.
Mercoledì sul Fatto quotidiano, Marco Lillo, sempre molto addentro alle questioni giudiziarie (nel dicembre 2016 pubblicò notizie coperte da segreto investigativo sull’inchiesta Consip, riguardanti Luca Lotti e gli alti ufficiali dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia e Tullio Del Sette), con grande enfasi ha dato notizia delle ultime novità dell’indagine fiorentina che vede coinvolto Berlusconi. La principale novità riguarda un appartamento a Milano 3: “Nelle scorse settimane gli investigatori della Dia di Firenze hanno fatto un giro con grande circospezione nella città satellite costruita nel comune di Basiglio, alle porte di Milano, dal gruppo Berlusconi negli anni Ottanta. Lo scopo era verificare il racconto di Graviano sul luogo dove si sarebbe tenuto l’ultimo dei suoi tre presunti incontri con Berlusconi”. Se non siete caduti dalla sedia per le risate, riassumiamo la notizia con parole semplici: nel 2021 ci sono magistrati che vanno in giro per Milano alla ricerca di un appartamento in cui un mafioso, in carcere al 41 bis dal 1994, sostiene – senza prove – che si sarebbe svolto un incontro quasi trent’anni fa. Se siete riusciti a resistere, ora potete ridere.