La gran lezione del pg di Trento contro la malagiustizia

Ermes Antonucci

Con una circolare inoltrata anche alla Corte di Cassazione il procuratore generale di Trento Giovanni Ilarda ricorda l'illegittimità dell'inclusione negli atti dell'inchiesta di contenuti penalmente irrilevanti. Proprio quello che è successo con l'inchiesta sulla fondazione Open

I pubblici ministeri possono, anzi devono, non includere negli atti di indagine conversazioni (chat, e-mail, sms) acquisite tramite sequestro, ma dal contenuto penalmente irrilevante. Proprio quello che sembra essere avvenuto nell’inchiesta Open, condotta dalla procura di Firenze, dove tra gli atti di indagine sono finiti (oltre all’estratto del conto corrente intestato a Matteo Renzi, non oggetto di indagine) anche conversazioni riguardanti strategie di comunicazione politica e persino messaggi in cui Renzi parla di un amico malato di cancro con Marco Carrai, al quale poi saranno sequestrati cellulare, pc e documenti. A ricordare l’illegittimità di questa pratica è stato il procuratore generale di Trento, Giovanni Ilarda, che alcune settimane fa ha diramato una circolare ai procuratori del proprio distretto “in merito alle modalità operative da adottare nel caso di sequestro di dispositivi di comunicazione mobile finalizzato all’acquisizione di messaggistica memorizzata sugli stessi (chat, email, sms, mms)”. La circolare è poi stata inoltrata anche al procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi, e a tutti i procuratori generali presso le varie corti di appello.


Tra i temi toccati dal procuratore generale di Trento spicca il richiamo al rispetto del principio di proporzionalità, il quale impone che “il sequestro sia rigorosamente mantenuto sui soli dati della copia forense rilevanti ai fini delle indagini, in quanto il sequestro probatorio è consentito solo per le cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti (art. 253, co. 1, c.p.p.), con conseguente obbligo di estrazione dei soli dati d’interesse e restituzione della copia integrale, perché quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova, le cose sequestrate sono restituite (devono essere restituite) a chi ne abbia diritto (art. 262, co. 1, c.p.p.)”.


Ma è nelle righe successive che il procuratore Ilarda richiama in modo particolare l’attenzione dei magistrati contro il deposito indiscriminato negli atti di indagine dei dati raccolti tramite sequestro. Il passaggio è un po’ lungo, ma merita di essere riportato nella sua interezza: “Un riversamento agli atti del procedimento della copia forense nella sua interezza, comprendente anche chat o messaggi con contenuto irrilevante per il processo, implica, invece, un’inammissibile ed illecita diffusione di dati che attengono alla sfera personale, intima ed inviolabile di ogni individuo e non è assolutamente consentito, perché comporta, inevitabilmente, fra l’altro, la possibilità di divulgazione di fatti lesivi dell’onorabilità e della reputazione della persona, di dati penalmente irrilevanti che possono, però, risultare devastanti per la vita dei soggetti coinvolti (anche se estranei al procedimento) e che quando riguardano l’attività di operatori economici, rendendo conoscibili know how o strategie riservate d’impresa possono anche alterare l’ordinario andamento del mercato con grave danno per l’economia nazionale o di un determinato territorio, nonché la conoscibilità e tracciabilità di orientamenti politici, tendenze sessuali, convincimenti religiosi, rapporti sentimentali, dati sanitari e altri dati sensibili non solo della persona sottoposta ad indagini, ma anche di soggetti del tutto estranei e persino di minorenni”.

Il procuratore ricorda che sul punto la giurisprudenza della Corte di Cassazione è “molto chiara e perentoria”, dal momento che stabilisce che “il pubblico ministero può trattenere la copia integrale solo per il tempo strettamente necessario per selezionare, tra la molteplicità delle informazioni in essa contenute, quelle che davvero assolvono alla funzione probatoria sottesa al sequestro”. Vista l’“eccezionale rilevanza e delicatezza delle questioni affrontate”, il procuratore Ilardi ha inoltrato la circolare al procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, pregandolo di valutare “l’opportunità di iniziative dirette a promuovere linee di orientamento e indirizzo uniformi sull’intero territorio nazionale”.

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