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Ma davvero "è colpa tua se il ladro ti spara"? Le mezze Verità di Giordano

Ermes Antonucci

La storia della cassiera colpita con un fucile a pallini durante una rapina è diversa da come l'ha raccontata il giornalista, che omette parti fondamentali della vicenda

Ci sono tanti modi per spacciare una fake news. Uno di questi è omettere parti fondamentali della storia che si sta raccontando, col risultato di farla passare per ciò che non è. Il problema diventa abbastanza serio quando a farlo è un giornalista, anche piuttosto noto, come Mario Giordano, che giovedì dalla prima pagina della Verità ha riportato una “notizia choc”. “La sentenza: è colpa tua se il ladro ti spara”, è il titolo dell’articolo.

   

Racconta Giordano con tono polemico: “Succede al tribunale di Lucca. La vittima è la cassiera di un supermercato di Pontremoli (in realtà sarebbe Pontetetto, frazione di Lucca, ma per Giordano questi sono dettagli, nda). Un uomo entra nel negozio. Lui è armato. Lei, ovviamente no. Lui chiede i soldi, lei anziché offrirglieli su un piatto d’argento con accanto the e pasticcini, pensate un po’, si mette a strillare. Lo insulta. Gliene dice quattro. E il ladro che fa? Impugna il fucile a canne mozze e le spara 200 pallini in corpo. La lascia a terra nel sangue e fugge con la refurtiva, ben 400 euro. La cassiera finisce all’ospedale, viene operata. Se la cava, ma ancora adesso, a distanza di anni paga le conseguenze di quella rapina, e dunque ha pensato di chiedere un risarcimento. Ma la sentenza è stata negativa. Motivazione: ‘Impossibile risarcirla perché è stata troppo aggressiva con i ladri’”.

   

Visto che ha perso la causa, ora la donna dovrà pagare 5.800 euro di spese legali. Giordano, il perenne indignato contro la malagiustizia italiana, quella che difenderebbe i delinquenti anziché le vittime, sintetizza così la vicenda: “Il ladro ti spara? E’ colpa tua. Ovvio, no? Ora lo dice un tribunale della Repubblica: devi farti derubare in silenzio, magari agevolare il lavoro del delinquente, stendergli un tappeto rosso e offrirgli un caffè mentre ti porta via i soldi”.

 

Peccato che, pur di alimentare la polemica, Giordano si sia dimenticato di riportare alcune informazioni essenziali sulla vicenda. La donna, vittima di una terribile aggressione, non ha fatto causa al rapinatore che ha fatto fuoco (peraltro mai catturato, e forse su questo ci sarebbe da indignarsi), bensì alla propria azienda. Aveva chiesto circa 250 mila euro di risarcimento alla società, sostenendo che questa non aveva posto in essere misure idonee a garantire la sicurezza dei suoi dipendenti. Insomma, tutta un’altra storia.

   

Ma c’è un’altra informazione importante non riportata da Giordano, che forse neanche ha letto la sentenza in questione. La donna ha reagito al rapinatore prima cercando di chiudere il cassetto del registratore di cassa, poi inveendo e facendo cenno di scagliare qualcosa contro il malvivente, anche quando questo si era ormai accinto ad uscire. A quel punto il rapinatore, contrariato per le invettive della donna, si è rivolto a quest’ultima con le parole “Grulla vedi se mi davi i soldi…”, facendo fuoco con il fucile a canne mozze caricato a pallini che aveva con sé. Eppure, e qui arriviamo al cuore della storia, anch’essa ovviamente ignorata da Giordano, la società non solo aveva da tempo elaborato una procedura gestionale denominata “gestione eventi criminosi”, relativa ai comportamenti da tenere in caso di rapina, ma aveva da tempo anche attivato una polizza assicurativa contro i furti per effetto della quale le somme rubate venivano rimborsate dall’assicurazione, detratta la franchigia. Di questa assicurazione erano stati posti a conoscenza tutti i lavoratori, che quindi sapevano che in caso di furti la società non avrebbe sopportato come danno economico altro che la franchigia.

 

Dunque, scrive il giudice, “la società teneva sotto controllo i vari punti vendita di cui disponeva monitorando furti e rapine, e si era adoperata per garantire situazioni di sicurezza dei dipendenti sollevandoli da oneri di garantire il patrimonio aziendale rispetto a terzi malviventi, facendone partecipi i dipendenti affinché essi non si opponessero in caso di furti, evitando quindi di mettere a rischio la propria incolumità personale per proteggere il patrimonio aziendale”. Come evidenziato dal giudice, quindi, non solo non si possono ravvisare nel comportamento tenuto dalla società profili di inadempimento, ma il comportamento tenuto dalla donna quando ormai il ladro aveva sottratto i soldi (400 euro) “appare privo di qualsivoglia utilità e a vario titolo dannoso”, perché - contrariamente alle direttive ricevute - ha finito per suscitare aggressività nel rapinatore, che peraltro già stava andando via. Visto? Tutta un’altra storia.