Torna alla ribalta l'antimafia militante, come sempre anti-Cav.
Berlusconi, la mafia,le stragi del '92-'93, l’intervista di Canal Plus a Borsellino e lo “scoop” che fa subito flop: ciclicamente ritorna una nota fake news. E sempre per lo stesso motivo: colpire il leader di Forza Italia
Mentre Silvio Berlusconi porta avanti la sua campagna per arrivare al Quirinale, prosegue la campagna di chi – tra procure e giornali allineati – per impedirglielo ritira fuori l’ipotesi che il Cav. fosse mezzo mafioso se non addirittura il “mandante esterno” delle stragi. Ora si è aggiunto un altro tassello. Per gli amanti della saga avrebbe dovuto essere lo scoop giornalistico dell’anno. Peccato che in poche ore abbia preso le forme di una figuraccia epica. Partiamo dall’inizio.
Lunedì scorso l’Espresso ha pubblicato con grande enfasi un articolo dal titolo: “Un milione di dollari per insabbiare lo scoop di Borsellino su Berlusconi, Dell’Utri e la mafia”. Ci si riferisce all’intervista che due giornalisti francesi, Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi, registrarono a casa di Paolo Borsellino il 21 maggio 1992, due giorni prima della strage di Capaci e poco tempo prima dell’uccisione dello stesso Borsellino nella strage di via D’Amelio (19 luglio). L’intervista faceva parte di un documentario incentrato su Silvio Berlusconi commissionato da Canal Plus, all’epoca preoccupata dalle manovre del tycoon italiano nel mercato televisivo francese. Il documentario poi non venne mai trasmesso da Canal Plus, probabilmente anche perché nel frattempo l’operazione di Berlusconi in Francia (La Cinq) era fallita. Negli anni seguenti, però, la videointervista a Borsellino è diventata una sorta di mito dell’antimafia militante italiana, ossessionata dai legami tra Berlusconi e la mafia, soprattutto dopo la pubblicazione nel 1994 sull’Espresso di alcune battute salienti e la pubblicazione nel 2009 del video integrale da parte del Fatto quotidiano.
Nella parte finale dell’intervista Borsellino parla di alcune indagini nei confronti di Vittorio Mangano, il mafioso palermitano che tra il 1973 e il 1976 lavorò come fattore nella villa ad Arcore. Il magistrato riferisce anche l’esistenza di un’indagine a carico di Dell’Utri, facendo attenzione a non confermare niente di diretto su Berlusconi e precisando più volte di non poter parlare dell’indagine su Dell’Utri non essendo di sua competenza. Nella vulgata dell’antimafia militante, le parole pronunciate da Borsellino si sono però trasformate in una sentenza di condanna nei confronti di Berlusconi. La prova definitiva dell’accusa di mafia sarebbe costituita dalla “misteriosa” mancata messa in onda del documentario da parte di Canal Plus.
L’Espresso ha voluto riportare in auge il mito dell’intervista a Borsellino con un presunto “scoop”, basato su alcune rivelazioni fatte in passato da Moscardo (morto nel 2010). Dopo la realizzazione dell’intervista a Borsellino, il giornalista francese sarebbe stato contattato da un emissario della Fininvest che gli avrebbe offerto un milione di dollari per ottenere i filmati completi dell’intervista, cioè tutte le 50 ore di girato.
Ci sarebbe da ridere se, purtroppo, nel frattempo la vicenda non fosse stata presa seriamente da qualcuno. Nel 2019 alcuni magistrati della procura di Caltanissetta aprirono persino un’indagine per approfondire quanto avvenuto attorno all’intervista a Borsellino, ipotizzando che questa potesse costituire addirittura il movente dell’accelerazione della strage di via D’Amelio. Tradotto: Borsellino sarebbe stato ammazzato dalla mafia perché aveva parlato di Berlusconi e Dell’Utri ai giornalisti di Canal Plus.
Nelle ultime ore, la vicenda ha riassunto i suoi tratti comici. Nel tentativo di spalleggiare l’Espresso, il Fatto quotidiano ha intervistato Michel Thoulouze, ex manager di Canal Plus e poi consigliere di Mediaset, che però ha smontato completamente lo “scoop”, rivelando due notizie. La prima è che fu Moscardo a contattare Berlusconi, cercando di vendergli l’intervista a Borsellino: “Io gli ho detto che non è giornalismo fare questo”, ha dichiarato Thoulouze. “Io ho detto a Moscardo: ‘Non fate il ricatto. O la date o la tenete ma non fate il ricatto del denaro’. Invece loro ci hanno provato comunque e Berlusconi ha detto no”. L’ex manager di Canal Plus ha anche rivelato il motivo per cui il documentario di Moscardo e Calvi non andò mai in onda: “Il documentario era una merda. Per questo non è passato in tv”. Thoulouze lo dice non una, ma tre volte: era una merda. Il documentario, spiega, era caotico, montato male, senza struttura. Una figuraccia per gli oracoli dell’antimafia (giornalisti e magistrati), ma non proprio una sorpresa.