Anm, cura te stessa

Luciano Capone

Peggio dell’attacco di Renzi ai pm c’è l’attacco dell’Anm a Renzi. L'Associazione dei magistrati riconosce la perdita di credibilità, ma individua la causa sbagliata: non è l'ex premier

E’ sicuramente scorretto l’attacco personale di Matteo Renzi contro i pm di Firenze che lo accusano di finanziamento illecito ai partiti nell’inchiesta Open. Attaccare ad esmepio il procuratore Giuseppe Creazzo per la sanzione disciplinare del Csm per molestie sessuali nei confronti di una collega magistrato è un colpo basso, anche perché la vicenda non è ancora definitivamente chiusa. A torto o a ragione, Renzi ritiene di essere perseguitato dai pm fiorentini e si difende, dentro e fuori dal tribunale, anche dall’onda mediatica dell’inchiesta che può avere un impatto notevole sul processo, come ben sa lo stesso Creazzo che ha criticato la sentenza del Csm nei suoi riguardi perché “è una decisione conforme alla condanna mediatica che avevo già subito”. 

 

E’ una strategia difensiva aggressiva, che l’ex premier porta avanti in tutte le sedi: mediatica, giudiziaria e parlamentare. D’altronde è in tutti questi ambiti che si sta svolgendo il processo, con quello mediatico – influenzato anche dai metodi d’indagine – che segue logiche e tempi tutti suoi. E per leader di partito in difficoltà, che si sta giocando tutto quel che resta del suo futuro politico, i tempi della giustizia sono sicuramente troppo lunghi rispetto a quelli della politica e il giudizio, qualunque esso sia, potrebbe arrivare troppo in ritardo. Per questa ragione il leader di Italia viva tenta addirittura di ribaltare i ruoli, presentando una denuncia penale nei confronti dei magistrati – Creazzo, Turco e Nastasi – per “i metodi scandalosi utilizzati dalla procura di Firenze” contro di lui. Si tratta, in tutta evidenza, di una dinamica istituzionalmente scorretta in cui un senatore-imputato si difende dalle accuse dei magistrati in maniera poco ortodossa, anche restituendo qualche calcio negli stinchi che ritene di aver ricevuto.

 

In questo contesto è intervenuta a gamba tesa l’Associazione nazionale magistrati (Anm): “Le parole del senatore Renzi travalicano i confini della legittima critica e mirano a delegittimare agli occhi della pubblica opinione i magistrati che si occupano del procedimento a suo carico”, recita la nota della Giunta esecutiva centrale. “I pubblici ministeri che hanno chiesto il processo nei suoi confronti sono stati tacciati di non avere la necessaria credibilità personale in ragione di vicende, peraltro oggetto di accertamenti non definitivi o ancora tutte da verificare, che nulla hanno a che fare con il merito dei fatti che gli sono contestati”, prosegue il comunicato. Insomma, Renzi li ha attaccati solo perché hanno svolto il proprio dovere, è la conclusione dell’Anm: “Questi inaccettabili comportamenti, specie quando tenuti da chi riveste importanti incarichi istituzionali, offendono i singoli magistrati e la funzione giudiziaria nel suo complesso, concorrendo ad appannarne ingiustamente l’immagine di assoluta imparzialità, indispensabile alla vita democratica del paese”.

 

C’è qualcosa nel metodo e nel merito che fa ritenere l’attacco dell’Anm a Renzi più scorretto e inopportuno di quello di Renzi ai pm. Nel metodo, l’Anm non fa altro che alzare il livello dello scontro confermando l’idea di un pregiudizio politico. Nel merito, è inquietante il passaggio in cui l’Anm afferma che le parole di Renzi “travalicano i confini della legittima critica” perché se una critica è illegittima vuol dire che si tratta di un reato, ma di questo dovrebbero occuparsene le procure e non l’Anm a cui non spetta questo compito istituzionale né quello di indicare ai suoi associati i crimini da perseguire. Se poi Renzi ha deciso di denunciare i pm, è un suo diritto di cittadino e comunque si è rivolto ad altri magistrati, non a tribunali del popolo o a giunte paramilitari. Infine, è abbastanza paradossale in questa fase il passaggio in cui si imputa a Renzi l’ingiusto appannamento della “immagine di assoluta imparzialità” della magistratura. Questa perdita di credibilità, e la cronaca lo dimostra abbondantemente, è principale responsabilità dei magistrati, a partire proprio da chi li ha rappresentati ai massimi vertici associativi e istituzionali, come ad esempio alcuni ex presidenti dell’Anm ed ex consiglieri del Csm (due nomi su tutti: Luca Palamara e Piercamillo Davigo).

 

Nei giorni scorsi un procuratore della Repubblica come Nicola Gratteri ha attaccato una legge sulla presunzione d’innocenza che dovrebbe limitarsi ad applicare definendola un favore ai clan mafiosi. Lo scorso anno, sempre Gratteri, si è scagliato contro il ministro della Giustizia Marta Cartabia dicendo che, essendo lei l’autrice di una riforma che favorisce le mafie, non avrebbe dovuto partecipare alle commemorazioni in onore di Falcone e Borsellino perché, evidentemente, ne disonorava la memoria.

 

L’Anm non è intervenuta per censurare uscite del genere, che quindi non ritiene travalichino i limiti né delegittimino le istituzioni democratiche. L’Anm riconosce correttamente un enorme problema di credibilità e di appannamento dell’immagine di imparzialità della magistratura, ma sbaglia a individuarne la causa principale: non è Renzi. Medice, cura te ipsum.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali