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La decisione

Referendum, ecco cosa prevedono i 5 quesiti sulla Giustizia ammessi

redazione

Si tratta di quelli relativi alla incandidabilità (Legge Severino), alla limitazione delle misure cautelari, alla separazione delle carriere dei magistrati e di quello relativo alla presentazione delle firme per l’elezione dei membri togati del Csm. Ok anche a quello sui voti nei consigli giudiziari. Bocciata la responsabilità diretta dei magistrati

La Corte costituzionale ha dato il via libera a cinque quesiti sulla giustizia. Si tratta di quelli riguardanti l'abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità (Legge Severino); limitazione delle misure cautelari; separazione delle carriere dei magistrati; eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm; diritto di voto nei consigli giudiziari. L'unico quesito giudicato inammissibile dalla Consulta è quello sulla "responsabilità diretta dei magistrati": l'eventuale approvazione del quesito avrebbe comportato non un'abrogazione "bensì un'innovazione giuridica", ha spiegato il presidente della Corte Costituzionale in conferenza stampa. Giudicato inammissibile anche il quesito sulla cannabis.

Come si legge nel comunicato stampa, la Consulta ritiene ammissibili le richieste avanzate da Lega e Radicali, "perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario". Le sentenze sono attese per i prossimi giorni. 

 

La giornata 

Questa mattina presso il Palazzo della Consulta i 15 giudici della Corte Costituzionale, coordinati dal nuovo presidente Giuliano Amato, hanno ripreso i lavori in camera di consiglio per esprimersi sui sei quesiti in materia di Giustizia promossi da Lega, Radicali e da nove consigli regionali. Già ieri è arrivata la pronuncia che ha dichiarato inammissibile il referendum sul fine vita e oggi, insieme alla Giustizia sarà esaminato anche quello sulla legalizzazione della cannabis

In attesa della decisione della Corte, su cui è difficile fare pronostici e che potrebbe arrivare già oggi, è utile approfondire i contenuti dei sei quesiti legati al tema della giustizia, che arriverebbero all'indomani della riforma che porta il nome del ministro Marta Cartabia. In particolare, se ritenuti ammissibili, sono quelli che riguardano la separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati che potrebbero avere un impatto sull'attuale impianto politico e giuridico. 

 

Separazione delle carriere


Già dal titolo il quesito risulta improprio e fuorviante poichè, come abbiamo già spiegato qui, l’intervento non comporta la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, per la quale sarebbe necessario un intervento a livello costituzionale, ma determina piuttosto una separazione delle funzioni giudicanti e requirenti, cancellando le già limitate possibilità di passare da una funzione all’altra durante la carriera (attualmente questo è possibile per quattro volte, ma già con la riforma Cartabia i passaggi diventano solamente due). Il quesito interviene quindi solo su un piccolo aspetto del problema relativo alla contiguità tra pubblici ministeri e giudici, i quali continuerebbero comunque a essere reclutati attraverso il medesimo concorso, a rispondere al medesimo Csm e a seguire la medesima scuola di formazione. 
 

Responsabilità civile dei giudici

Il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati punta a consentire al cittadino di agire direttamente contro la toga per i danni subiti dall’esercizio della giurisdizione, superando il sistema previsto attualmente che consente di agire indirettamente contro lo stato, che poi si rivale sul magistrato. La questione è antica, così come la soluzione prospettata dai Radicali: visto lo scarso numero di toghe condannate per aver provocato (con dolo o colpa grave, o in conseguenza di diniego di giustizia) danni ingiusti ai cittadini nell’esercizio dell’attività giudiziaria, si propone che sia il magistrato a risarcire direttamente il cittadino.


In realtà, anche in caso di azione diretta contro il magistrato occorrerà sempre verificare la sussistenza di condotte dolose o gravemente colpose da parte della toga. Bisogna anche ricordare che tutti gli ordinamenti europei, ad eccezione della Spagna, escludono forme di responsabilità diretta delle toghe. Resta inevaso il vero tema di fondo: intervenire affinché agli errori compiuti dai magistrati facciano seguito conseguenze effettive sul piano disciplinare e dell’avanzamento di carriera.
 

Gli altri quesiti

Custodia cautelare
Il quesito mira a limitare l’abuso delle misure cautelari (carcerazione preventiva, arresti domiciliari, divieto di dimora ecc.), prevedendo la possibilità di procedere alla privazione della libertà per il rischio di “reiterazione del medesimo reato” solo per i delitti di criminalità organizzata, di eversione o per i reati commessi con uso di armi o altri mezzi di violenza personale
 

Legge Severino
Approvata nel 2012 dal governo Monti, prende il nome dalla Guardasigilli Paola Severino che firmò la legge insieme al ministro per la Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi, prevede l'incadidabilità e la decadenza da cariche elettive per i politici che abbiano subito una condanna che supera i due anni. L’obiettivo di Lega e Radicali è quello di abrogare le norme che prevedono la sospensione degli amministratori locali a seguito di condanne non definitive per gravi reati (come associazione mafiosa o reati contro la pubblica amministrazione)
 

Le pagelle ai magistrati
I referendari chiedono che venga consentito il voto degli avvocati che siedono nei Consigli giudiziari anche sulle valutazioni di professionalità dei magistrati. La misura rientra già nella riforma della ministra Cartabia, ma solo nei casi in cui il Consiglio dell'Ordine abbia segnalato comportamenti scorretti da parte del magistrato che si deve valutare.
 

Elezione componenti del Consiglio Superiore di Magistratura
Il quesito si pone come obiettivo quello di contrastare lo strapotere delle correnti togate all’interno dell’organo di autogoverno della magistratura, superando le logiche spartitorie e consociative messe tristemente in luce dallo scandalo Palamara. Alla prova dei fatti, tuttavia, il quesito risulta a dir poco modesto. Esso infatti si limita ad abrogare l’obbligo per un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al Csm. Si tratta di un intervento minimale, che non incide in alcun modo sul sistema di elezione dei componenti togati del Csm, su cui le correnti esercitano la loro influenza.


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