Polemiche a Corte
“Le istituzioni cambiano e Amato incarna le esigenze di questi tempi”. Parla il prof. Clementi
"La conferenza sui referendum? La Corte evolve nell'ambito di un processo di ammodernamento, anche del linguaggio: è una dinamica internazionale e non solo italiana. Il presidente ha un'esperienza impareggiabile, conosce vita e mentalità dei corpi dello stato", dice il docente di diritto pubblico all'università di Perugia
Inusuale, per qualcuno inedita. Per altri ancora il segno di un'invasione di campo, di una torsione istituzionale a cui fare molta attenzione. La conferenza stampa con cui Giuliano Amato ha spiegato le ragioni della Corte costituzionale sui quesiti referendari ha aperto uno squarcio nell’opinione pubblica, suscitando reazioni contrapposte. “C’è un problema di comprensione dello spirito del tempo”: Francesco Clementi, professore di diritto pubblico all’Università di Perugia, parte da qui, dalla scarsa capacità di molti osservatori nel leggere le trasformazioni all’interno della società, che finisce così per provocare tanto clamore.
“Non ci siamo accorti che le istituzioni sono cambiate e stanno cambiando. Di recente la Corte ha anche prodotto dei podcast sulle sentenze più importanti. È molto evoluta nell'ambito di un processo di ristrutturazione e ammodernamento, anche del linguaggio, in una dinamica che non è solo italiana”, dice al Foglio Clementi. Un movimento di cui ci sono evidenze importanti anche all'estero: “Il Tribunale costituzionale federale tedesco, o quello spagnolo. Naturalmente la Corte suprema americana, la corte israeliana, quella sudafricana e canadese. Sono tutti esempi che vanno nella stessa direzione. Quello che tanti non vedono è quanto la Corte italiana sia immersa in un orizzonte internazionale, a cui è legata e con cui si confronta”.
Insomma, sottolinea il professore, “Solo una lettura superficiale, quasi un po' rétro, considera la Corte incapace di esprimersi e parlare a tutti. Non ne farei una malattia, È un processo iniziato da decenni e che ha riguardato anche presidenti come Marta cartabia e Giancarlo Coraggio. È questa la prospettiva con cui guardare la cosa”. E però è anche vero che Giuliano Amato pare aver fatto un passo ulteriore, rispondendo personalmente alle critiche e alle accuse che gli erano state mosse, per esempio sull'omicidio del consenziente. “Il presidente amato incarna al meglio le esigenze di questi tempi, ne coglie e interpreta il senso molto più di altri. Il suo valore aggiunto, al netto della sapienza giuridica, deriva dall'esperienza: due volte premier, ma anche ministro, sottosegretario, professore universitario. il che gli dà oggi una conoscenza impareggiabile della vita e della mentalità delle istituzioni”.
Emerge dunque un elemento biografico fondamentale per spiegare quello che sta accadendo. In questo senso Clementi parla da un osservatorio a suo modo privilegiato, avendo lavorato in più occasioni con l'attuale presidente della corte e con cui ha scritto anche un libro (Forme di stato e di governo): “Ho conosciuto Amato prima di tutto da studioso e poi da collaboratore, riscontrando in lui in tre principali qualità”. Che il professore riassume così: “La prima riguarda la consapevolezza, il senso delle istituzioni. Il presidente sa che le parole sono importanti, anche quando non si svolge una funzione pubblica. Devi essere sempre consapevole del ruolo sociale che si incarna. C'è poi una straordinaria capacità analitica che si lega alla grande dimestichezza con gli strumenti del possibile. Una qualità che spesso manca in esponenti di altre istituzioni, soprattutto in politica”. Il terzo aspetto si richiama ancora una volta alla storia: “Amato è un giurista delle libertà, a partire da quella personale della quale è stato un attento cultore fin da giovanissimo, già dai suoi primi scritti già degli anni Sessanta, e su cui ha costruito i primi passi della carriera accademica”.
Clementi non lo dice, non fa nomi, ma quest'ultimo punto sembra un messaggio a quanti hanno usato parole molto dure contro una Corte costituzionale “troppo politicizzata”, in particolare per la scelta di non ammettere il quesito sull’omicidio del consenziente (come recita la rubrica dell’art. 579 del codice penale). “Bastererebbe – sottolinea il professore – che costoro avessero per esempio letto il libro 'Dentro la costituzione' di Sabino Cassese o 'Corte costituzionale e corti europee' dello stesso Amato. La vera politicizzazione è quella di chi dipinge i giudici come azzeccagarbugli o parrucconi, alimenta polemiche, senza rendersi conto che è proprio la corte a garantire il pluralismo e i più deboli”. E per di più, evidenzia Clementi, “questo modo di intendere la giustizia non fa onore nemmeno a chi poi si rivolge agli stessi giudici per avere risposte dignitose”.
Questa volta i nomi li facciamo noi: ancora ieri i comitati promotori del quesito sul fine vita lamentavano, per voce di Marco Cappato, un attentato alla loro credibilità, proprio dovuto alla Conferenza stampa. “Inviterei costoro – dice ancora Clementi, con una battuta – a venire ai seminari che organizza la Corte costituzionale, agli incontri curati dalle associazioni come 'Diritto pubblico comparato ed europeo' o il 'Gruppo di Pisa'”. Cosa scoprirebbero? “Si renderebbero conto di come siano proprio i giudici costituzionali, troppo spesso, a doversi fare carico della mancanze della politica. Questo li obbliga a essere attenti alla loro funzione sociale e agli effetti di ogni decisione, prima e meglio di tanti".
E le ragioni di questa consapevolezza, conclude il professore, risiedono nel fatto che, "come sottolineava già ad inizio anni Ottanta Paolo Barile, la Corte costituzionale è nella forma di governo, ossia è sopra ma anche dentro quell’indirizzo politico-costituzionale che, al pari della presidenza della Repubblica, ne fa organo di garanzia vivo ma neutrale, perché di tutti".