Inchiesta bocciata
Cosa resta del caso Open e delle accuse a Matteo Renzi
La Cassazione ha annullato, per la terza volta e senza rinvio, i sequestri subiti dall'imprenditore Marco Carrai nel corso dell'inchiesta sulla fondazione
Per la quinta volta la Corte di cassazione ha bocciato in fase cautelare l’indagine della procura di Firenze contro Matteo Renzi e il “giglio magico” incentrata sui presunti finanziamenti illeciti ricevuti dalla Fondazione Open. La bocciatura dei giudici di Cassazione non coinvolge un elemento marginale o di poco conto dell’inchiesta, ma riguarda la tesi principale avanzata dai pm fiorentini a sostegno della loro accusa: l’equiparazione tra la Fondazione Open e un’articolazione di partito, equiparazione indispensabile per ipotizzare la violazione della legge sul finanziamento ai partiti (in questo caso alla corrente renziana). I giudici della Suprema corte hanno infatti annullato per la terza volta, e ora senza rinvio, il sequestro di documenti e dispositivi informatici disposto dagli inquirenti nei confronti dell’imprenditore Marco Carrai, ritenendolo illegittimo.
Le motivazioni della decisione definitiva della Cassazione devono ancora essere depositate ma già nelle due precedenti pronunce i giudici della Suprema corte avevano stabilito l’illegittimità del sequestro sottolineando come i pm avessero “data per scontata” l’equiparazione tra la Fondazione Open e un’articolazione di partito. I giudici avevano ricordato un principio molto chiaro: le fondazioni non corrispondono ai partiti (o alle sue correnti), a meno che, attraverso una verifica rigorosa del loro operato, non si riesca a dimostrare il contrario.
Una verifica non svolta dai pm fiorentini, che si sono limitati a dar conto delle erogazioni e delle contribuzioni ricevute nel corso del tempo dalla Fondazione affermando che queste fossero finalizzate a sostenere l’attività della corrente renziana. Eppure, ha affermato in maniera netta la Cassazione, “non è sufficiente una mera coincidenza di finalità politiche, ma occorre anche una concreta simbiosi operativa, tale per cui la struttura esterna possa dirsi sostanzialmente inserita nell’azione del partito o di suoi esponenti, in modo che i finanziamenti a essa destinati abbiano per ciò stesso una univoca destinazione al servizio del partito”.
Se si considera che la destinazione principale dei finanziamenti ricevuti da Open è sempre stata l’organizzazione della Leopolda, cioè un evento politico-culturale e non di partito, diventa ancora più chiaro come la pronuncia della Cassazione finisca per rappresentare un vero e proprio macigno sull’inchiesta messa in piedi dalla procura di Firenze, come notato dal difensore di Carrai, l’avvocato Massimo Dinoia: “Con questa sentenza il collegio ha chiuso una volta per tutte la questione e ha statuito che non sussiste neppure l’ipotesi astratta del delitto di illecito finanziamento di partito e che la Fondazione Open ha sempre operato lecitamente per il raggiungimento dei suoi scopi statutari”.
Il verdetto finale della Cassazione sul caso Carrai potrebbe influenzare – e non poco – la decisione che il giudice dell’udienza preliminare sarà chiamato a prendere il 4 aprile, cioè quella di rinviare o meno a processo gli indagati, tra cui Renzi, ritenuto direttore “di fatto” della Fondazione, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Alberto Bianchi e lo stesso Carrai.
Ai tre annullamenti della Cassazione sul caso Carrai, bisogna poi aggiungere altri due verdetti negativi della Suprema corte riguardanti i sequestri effettuati nei confronti di altre persone coinvolte nell’indagine. Nel ritenere illegittimo il sequestro di pc e materiale informatico nei confronti di Davide Serra (non indagato), ad esempio, i giudici di Cassazione hanno usato parole molto dure parlando di “sequestro avente primari fini esplorativi”. Insomma, da sempre vista come una semplice “ratifica” delle richieste dei pm, stavolta l’udienza preliminare potrebbe riservare sorprese.
L'editoriale del direttore