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Testimone diretto

Il Pds e Mani pulite raccontati da un ex Dc

Paolo Cirino Pomicino

L’opzione giudiziaria per arrivare al potere. Paolo Cirino Pomicino ripercorre gli anni di Tangentopoli e i guasti drammatici che ha prodotto

Trent’anni sono passati dalla cosiddetta Tangentopoli in cui fu bruciato l’intero sistema politico che aveva vinto la battaglia contro gli autoritarismi novecenteschi di destra e di sinistra, battendo il brigatismo rosso e lo stragismo fascista e garantendo nel contempo sviluppo e democrazia. Vorremmo tentare di spiegare alle giovani generazioni che cosa veramente è stata quella stagione difficile per il paese i cui effetti nefasti sono ancora oggi sotto gli occhi di tutti. Tenteremo di spiegare le radici politiche di quegli avvenimenti ponendoci subito una domanda: perché mai dopo la caduta del Muro di Berlino, la dissoluzione dell’Unione Sovietica e il crollo del comunismo internazionale, il più grande partito comunista dell’occidente, il Pci, nato settant’anni prima con la scissione di Livorno, non ebbe il coraggio e l’intelligenza di ricomporre una grande movimento socialista di massa? Questo è un punto dirimente per capire sino in fondo le ragioni degli avvenimenti che seguirono. Le condizioni per la riunificazioni politiche c’erano tutte. Il Pci del 1991 dopo il congresso di Rimini aveva anche cancellato la parola comunista. Che cosa dunque impedì al gruppo dirigente che pure in Europa si definiva socialista di non avviare in Italia un processo analogo? E sul piano del potere quale diversa prospettiva aveva? Nessuna sino a quando un gruppo economico autorevole di provenienza azionista guidato da Carlo De Benedetti non gli propose un’alleanza stabile e duratura mettendo a disposizione la forza d’urto dei grandi mezzi di comunicazione che essi controllavano  per modificare gli assetti politici del paese


Questa non è una nostra stravagante opinione ma una testimonianza perché proprio durante il congresso di Rimini del vecchio Pci Carlo De Benedetti venne a trovarci chiedendoci di aderire a quel disegno politico perché per vincere c’era bisogno anche di un pezzo della Dc. Tutto questo però non sarebbe bastato, c’era anche bisogno di eliminare politicamente l’altra parte della Dc e tutti i suoi partiti alleati. Il modo per ottenere questo risultato era fin troppo facile perché tutti sapevano del finanziamento irregolare  ai partiti, compreso il Pci. Anche di questo ci capitò di essere testimoni involontari perché il Pci napoletano chiese a un nostro grande amico e finanziatore delle nostre campagne elettorali, oggi scomparso, cento milioni di lire  perché era alla canna del gas.  Noi ci rifiutammo, in seguito,  di confermare questo episodio a Di Pietro perché sapevamo l’esigenza di quel partito anche se avversario e la nostra cultura ci impediva di utilizzare questa armi per sconfiggere gli avversari politici.

 

Al contrario il vecchio Pci attivò i procuratori amici di Luciano Violante  facendo passare il messaggio che l’Italia era stata governata per 40 anni da corrotti e mafiosi e le procure di Milano, Napoli e Palermo si mossero di conseguenza. E così nacque e dilagò quella che i giornalisti chiamarono Mani pulite contrabbandandola per un’opera di moralizzazione mentre altro non era che una operazione di aggressione che faceva leva su di un fatto vero, e cioè su un reato qual era il finanziamento non denunciato alle Camere di appartenenza da parte di tutti i partiti. Quelli dati al Pci non vennero visti mentre la provvidenza aiutò una parte della sinistra democristiana. Per dirla in breve si scelse l’opzione giudiziaria per raggiungere il potere al posto della più nobile strada, quella  della politica. Il disastro procurato all’epoca ha prodotto guasti drammatici. Sul piano politico fu costruito un sistema partitico fortemente personalizzato e culturalmente anonimo e quindi privo di visione, tanto che in questa legislatura il Parlamento non è stato capace di indicare un proprio membro per guidare un governo e non è stato capace di indicare il presidente della Repubblica rivolgendosi di nuovo al presidente uscente. Vogliamo continuare in questa direzione o girare pagina con un generale sussulto di orgoglio nazionale? 

 

Noi abbiamo confessato le nostre responsabilità per non aver spiegato con forza e persuasione che la politica aveva bisogno di risorse e che donare un contributo a un partito o a un politico non è l’inizio di un atto corruttivo come ancora oggi si pensa (vedi la vicenda Renzi) ma al contrario una sorta di responsabilità civica, perché senza i partiti scompare la politica e a governare il paese saranno chiamati altri poteri che non si lasceranno mai votare. Noi lo abbiamo fatto, aspettiamo con speranza che lo facciano gli altri.  C’è bisogno però di comune credibilità per scrivere una pagina diversa e nuova e a questo compito devono concorrere in massa anche gli intellettuali il cui frequente silenzio o conformismo negli ultimi lustri non ha fatto certamente bene al paese.  
 

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