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Sentenza della Corte: Rep. ha fregato i contenuti alla tv odiata. Una storia da sballo

Serena Magro

È successo che per anni il mondo editoriale Espresso ora nel gruppo Gedi ha pubblicato, pari pari, video e altri contenuti editoriali televisivi prodotti da Mediaset sui suoi portali. Ora la Cassazione ha imposto il pagamento per tutto. Un bel finale per chi bollava quei contenuti come portatori di corruzione morale

Ci furono tempi, ormai lontani, in cui i giornali del gruppo Espresso (allora non si erano ancora venduti, appunto, L’Espresso) facevano campagne contro le Tv di Silvio Berlusconi, che prima ne era controllante per poi diventare mero azionista. E scrivevano un giorno sì e l’altro pure che bisognava colpire Mediaset (e prima Fininvest) e togliere qualche rete, sfilare qualche pezzo, portare via un po’ di diritti acquisiti chissà come. Insomma, erano tempi in cui si faceva una terribile, durissima, battaglia politica, con forse (facciamo i finti ingenui) qualche colpo giudiziario sotto la cintola e un bel po’ di propagandaccia, da entrambe le parti, eh, perché c’era di mezzo una questione assai seria e importante. Si giocava su un piano alto, in serie A, perché il match era quello che aveva per posta il primato nel dibattito pubblico italiano e, di conseguenza, nel mercato editoriale e poteva contare nell’assegnazione dello scettro della politica.

Poi tutto è andato un po’ a calare, sia la tensione sia il montepremi, e anche il super premio finale, cioè la presidenza del consiglio, è tornata a essere questione legata ad altre logiche e ad altri protagonisti. A forza di calare, però, siamo passati dalla lotta partigiana o dalla grande sfida per il potere, al furto senza neppure la destrezza. Insomma, è successo che per anni il mondo editoriale passato per varie mani e ora elkanizzato nel gruppo Gedi ha pubblicato, pari pari, video e altri contenuti editoriali televisivi prodotti da Mediaset sui suoi portali. La figaggine internettiana, evidentemente, si faceva un po’ mantenere anche dalla vecchia, solida, tv generalista.

La distrazione, in senso giudiziario, di video è andata avanti per un bel po’ di tempo, e cioè per 5 anni con la riproduzione, nella sezione apposita dei siti gediani, di ben 125 spezzoni di prodotti della Rti (la società operativa di Mediaset nel settore televisivo), con l’aggravante di aver lasciato a lungo le singole clip anche dopo la richiesta di rimozione, una circostanza che porta a moltiplicare la valutazione del danno per ogni giorno trascorso con i contenuti altrui disponibili sui proprio sito, come stabilito in primo e secondo grado dopo l’azione legale avviata da Mediaset. L’ultimo passaggio è recentissimo, con la Cassazione che ha deciso di imporre il pagamento di tutte le somme stabilite nelle precedente sentenze di merito (con le singole sanzioni moltiplicate per le giornate di inadempienza) e delle spese processuali ai resistenti, in senso giudiziario, del gruppo Gedi.

La corte ha visto con chiarezza che il punto dirimente era lo spregio delle regole sulla concorrenza, dal momento che Mediaset e Gedi offrono i loro contenuti, competitivamente, a una stessa grande audience, dalla cui attenzione ricavano gli introiti pubblicitari. Non si trattava quindi di diritto di cronaca, perché magari il video in questione conteneva informazioni specifiche, né di diritto di critica, perché l’uso era sistematico e avveniva in modi dai quali si può escludere che se ne stesse facendo una ragionata esegesi per arrivare al nocciolo ideologico. La sentenza della Cassazione liquida con una certa rapidità i ben otto punti del ricorso del gruppo Gedi, dando, invece, seguito ai contro ricorsi degli avvocati Stefano Previti e Fabio Lepri, in rappresentanza di Mediaset.

Certo, una volta la guerra prevedeva che nel mondo di Repubblica i contenuti di Mediaset si considerassero una mezza schifezza se non proprio portatori di corruzione morale. Roba da combattere anche a colpi di referendum, magari, ricordate, andando proprio a vietare quelle interruzioni pubblicitarie di cui ora nessuno più nota l’effetto anti-emotivo, con quella invasività interrompente, ma solo l’effetto positivo per i conti editoriali. Averli rubacchiati per anni, fino a essere beccati e sanzionati, non fa onore a chi conduceva le battaglie morali sulla diversità e su quella certa idea dell’Italia.

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