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Alla Procura di Milano arriva il "Papa straniero": il Csm nomina Marcello Viola nuovo procuratore capo
L'attuale procuratore generale di Firenze è stato nominato dal plenum del Csm con 13 voti, contro i 6 ottenuti da Maurizio Romanelli e 3 da Giuseppe Amato. Una svolta storica per l'ufficio requirente più importante del paese
Il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha nominato Marcello Viola come nuovo procuratore capo di Milano. Viola, attuale procuratore generale di Firenze, ha ottenuto 13 voti, mentre gli altri candidati, il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli e il procuratore di Bologna Giuseppe Amato, hanno ricevuto rispettivamente sei e tre preferenze. Tre gli astenuti.
Si tratta della fine di un’era per l’ufficio requirente più importante e celebre del Paese. La nomina di Viola come successore di Francesco Greco, andato in pensione lo scorso novembre, rompe infatti la tradizione ultratrentennale, vigente persino già prima dell’epoca di Mani pulite e della gestione Borrelli, che vedeva le redini della procura milanese essere affidate sempre a un magistrato formatosi all’interno della procura stessa e appartenente alla corrente di sinistra di Magistratura democratica. Insomma, la nomina di Viola (proveniente da Firenze ed esponente della corrente conservatrice di Magistratura indipendente) rappresenta l’arrivo del “Papa straniero” alla guida della procura di Milano, ormai travolta da divisioni interne sempre più profonde.
Una scelta per la discontinuità, a cui hanno contribuito in maniera fondamentale i membri laici presenti al Csm: se nelle ore precedenti al plenum sembravano essere risalite le quotazioni del candidato interno (Romanelli) contro il favorito Viola, al momento del voto sette consiglieri laici su otto (il vicepresidente David Ermini si è astenuto) hanno espresso la loro preferenza per il procuratore generale di Firenze, unendosi ai togati di Magistratura indipendente e ai consiglieri Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo (Autonomia e Indipendenza), inviando un messaggio molto chiaro alle toghe milanesi: è urgente cambiare profondamente le modalità di gestione dell’ufficio e delle sue indagini, oltre che tornare a un clima di civiltà.
In magistratura dal 1981, 65 anni, Viola vanta una lunga esperienza nel campo delle indagini antimafia. Cominciò la sua carriera da tirocinante nell’ufficio istruzione di Palermo guidato da Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia nel 1983. Lì conobbe Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, da sempre ispiratori della sua attività giudiziaria, priva però degli eccessi mediatici di diversi colleghi siciliani. Il magistrato divenne poi giudice istruttore a Lanusei, in Sardegna, pretore ad Avola e a Palermo, gip nel capoluogo siciliano negli anni più difficili del contrasto alla mafia e poi sostituto procuratore della Dda. Dopo aver trascorso otto anni alla procura di Palermo, dal 2011 al 2016 ha ricoperto il ruolo di capo della procura di Trapani, per poi diventare pg a Firenze.
Spetterà a lui, ora, provare a rimettere ordine all’interno di una procura che, dopo il terremoto provocato dal maxi fallimento del processo Eni-Nigeria (i pm autori dell’inchiesta, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, sono sotto indagine), e poi dai veleni della vicenda Storari-Davigo, sembra ormai completamente allo sbando.
L'editoriale del direttore