Dalla Spazzacorrotti alla riforma Cartabia: così il M5s auto-rottama il proprio giustizialismo
Dalla Camera primo via libera alla riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario, grazie anche ai voti dei grillini. La riforma contiene norme garantiste che i pentastellati, fino a un anno fa, non avrebbero mai pensato di votare
Il voto favorevole espresso martedì sera alla Camera dal Movimento 5 Stelle alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario (il testo passerà ora al Senato) aggiunge un nuovo tassello all’abiura del metodo Bonafede e del giustizialismo da parte dei grillini. Praticamente un’autorottamazione. La legislatura che si è aperta con l’approvazione della legge Spazzacorrotti, gli show in piazza in nome delle manette e l’abolizione della prescrizione si avvia infatti a concludersi con la sconfessione totale delle tesi forcaiole portate avanti dal M5s e con l’adozione di riforme di segno garantista. Miracoli del governo Draghi e della ministra Cartabia, ma anche della tenacia dei pentastellati, che pur di restare vivi ormai non si pongono problemi a rinnegare la propria natura (un tempo anche no Vax, no Tav, no Tap, no Ilva, no Nato).
La riforma approvata ieri alla Camera contiene disposizioni che il M5s, cioè il partito delle procure d’assalto, quattro anni fa non avrebbe mai immaginato di accettare: la quasi totale separazione delle funzioni tra giudici e pubblici ministeri (il passaggio di funzioni sarà ora possibile solo una volta entro i nove anni dalla prima assegnazione); l’istituzione di un fascicolo delle performance per monitorare l’attività svolta dai magistrati (e gli eventuali flop) e per rendere effettive le valutazioni di professionalità, oggi di fatto inesistenti; il coinvolgimento dell’avvocatura nelle valutazioni di professionalità dei magistrati nei consigli giudiziari; l’introduzione, inoltre, di sanzioni disciplinari per i magistrati che violano le norme sulla tutela della presunzione di innocenza degli indagati e per i pm che inducono l’emissione di misure cautelari in assenza dei presupposti previsti dalla legge e omettendo elementi rilevanti per la difesa; e infine l’attribuzione al parlamento del compito di stabilire i criteri generali di cui le procure dovranno tener conto per stabilire le priorità per l’esercizio dell’azione penale.
Novità importanti, alle quali si affiancano misure molto più timide, in particolare sul fronte del meccanismo elettorale del Csm: un sistema maggioritario con correttivo proporzionale che non attenuerà in alcun modo l’influenza delle correnti. I grillini possono rivendicare il mantenimento di alcune norme da tempo invocate per limitare la commistione tra magistratura e politica, come lo stop alle porte girevoli, con il divieto per le toghe elette di tornare a svolgere la funzione giudiziaria, e il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi. Ma il punto centrale resta: la riforma Cartabia votata dai grillini contiene norme garantiste che i grillini, fino a un anno fa, non avrebbero mai pensato di votare, tanto più a fronte della minaccia di sciopero lanciata contro quelle stesse norme dall’Associazione nazionale magistrati.
“Mentre nel resto della legislatura i Cinque stelle hanno contagiato con il loro giustizialismo prima la Lega, facendo approvare la Spazzacorrotti e il fine processo mai, e poi il Pd, costringendolo a difendere l’impianto della Spazzacorrotti, con la minaccia di far cadere il governo, oggi finalmente sono loro a dover subire l’influenza delle altre forze politiche, perché in questa maggioranza hanno un peso certamente minore”, dichiara al Foglio Enrico Costa, deputato e vicesegretario di Azione, che rivendica i passi in avanti in senso garantista contenuti nella riforma. “Si poteva fare di più – aggiunge – ma, vista la situazione politica, meglio di così non si poteva fare”.
Ormai siamo di fronte alla rottamazione-ter del giustizialismo grillino, come con le cartelle esattoriali. Con una tranquillità disarmante, negli ultimi dodici mesi il M5s ha liquidato il proprio credo forcaiolo ben tre volte. La prima volta con l’approvazione del meccanismo dell’improcedibilità, elaborato dalla ministra Cartabia per disinnescare l’abolizione della prescrizione. La seconda volta con il recepimento della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di innocenza. La terza rottamazione arriva oggi, con il voto favorevole alla riforma Cartabia.