Anna Rossomando (Pd)

Verso un Csm a trazione sinistra: Rossomando vicepresidente?

Ermes Antonucci

La riforma del sistema elettorale del Csm non è ancora stata approvata in via definitiva, ma le correnti togate e le forze politiche già guardano alle elezioni. Per la carica di vicepresidente dell'organo prende quota il nome di Anna Rossomando (Pd)

La riforma del sistema elettorale del Csm non è ancora stata approvata in via definitiva (dopo l’ok della Camera, giunto martedì sera, si attende ora il via libera del Senato), ma le correnti togate e le forze politiche già guardano al rinnovo dell’organo di governo autonomo della magistratura, previsto – salvo clamorosi ritardi – per luglio. Su un aspetto, infatti, non ci sono dubbi: la riforma Cartabia, pur prevedendo innovazioni positive su alcuni aspetti dell’ordinamento giudiziario, non ridurrà in alcun modo il peso delle correnti nell’elezione del Csm (i cui componenti, lo ricordiamo, torneranno a essere trentatré, di cui tre di diritto, venti togati e dieci laici). 

 
Il testo elaborato dalla Guardasigilli prevede un sistema elettorale maggioritario binominale, con un correttivo proporzionale. Questo correttivo, basato sul meccanismo dello scorporo, avrebbe dovuto introdurre un elemento di imprevedibilità nelle procedure di elezione, attenuando così l’influenza delle correnti. I gruppi togati, tuttavia, hanno già concepito il modo per aggirare questo meccanismo. Tecnicismi a parte, il risultato è fin d’ora già prevedibile: il sistema elettorale premierà le due principali correnti della magistratura, vale a dire quella “di sinistra” di Area (che riunisce Magistratura democratica e Movimento per la giustizia) e quella conservatrice di Magistratura indipendente. Questi due gruppi dovrebbero spartirsi almeno 12-13 seggi togati. I restanti seggi andranno alla corrente centrista Unicost, ad Autonomia e indipendenza e, forse uno, al piccolo gruppo di Articolo 101. 

 
Considerato il riavvicinamento di Unicost ad Area, avvenuto dopo lo scandalo Palamara, al prossimo Consiglio superiore della magistratura si prospetta una maggioranza togata di centrosinistra. Sarà questo lo scenario di cui il parlamento dovrà tener conto quando sarà chiamato a votare in seduta comune i dieci membri laici, dai quali il Csm poi sceglierà il proprio vicepresidente. Anche le forze politiche, dunque, come le correnti, hanno cominciato a usare la calcolatrice e il bilancino, per comprendere quali nomi proporre. Molto dipenderà dalla divisione dei seggi che sarà effettuata tra i partiti. Nel luglio 2018, all’epoca del governo gialloverde, su otto membri laici cinque vennero scelti dalla maggioranza (tre dal M5s e due dalla Lega) e tre dalle opposizioni (due da Forza Italia e uno dal Pd, David Ermini, poi eletto vicepresidente). Questa volta la situazione di partenza sarà alquanto anomala, se si considera che solo Fratelli d’Italia si colloca all’opposizione, ma il punto non cambia: le toghe esprimeranno molto probabilmente una maggioranza di centrosinistra e di questo la politica dovrà tener conto. 

 
E’ per queste ragioni che, nelle ultime ore, in ambienti qualificati della magistratura, e anche di alcuni partiti, sta prendendo quota il nome di Anna Rossomando come prossima vicepresidente del Csm. Piemontese, avvocato penalista, parlamentare per il Pd dal 2008 (in quota orlandiana), Rossomando oggi ricopre la carica di vicepresidente del Senato e di responsabile giustizia dem. Il suo nome al momento sembra molto gradito all’area di centrosinistra della magistratura associata. Se l’elezione andasse in porto, si tratterebbe della prima donna alla vicepresidenza del Csm dalla sua istituzione nel 1959. 

 
Molto dipenderà dalla posizione che deciderà di assumere il Movimento 5 stelle, che dispone della maggioranza relativa in parlamento in seduta comune. Soprattutto, è ancora vivo nei grillini il ricordo di quanto avvenuto quattro anni fa, quando l’elezione di Ermini alla vicepresidenza avvenne soltanto alla terza votazione, in seguito a una profonda spaccatura tra le correnti (Mi e Unicost si schierarono con l’ex deputato renziano, mentre Area ed Autonomia e indipendenza votarono per il laico in quota grillina Alberto Maria Benedetti). Finì tredici a undici per Ermini, con l’allora Guardasigilli Alfonso Bonafede furioso contro “una parte maggioritaria di magistrati” che “all’interno del Csm” aveva deciso di “fare politica”. “In questi anni, da deputato mi sono sempre battuto affinché, a prescindere dallo schieramento politico, il Parlamento individuasse membri laici non esposti politicamente”, dichiarò Bonafede. 

 
Da allora molto è cambiato. L’accordo tra Mi e Unicost si è sgretolato. Il peso specifico del M5s nella maggioranza che sostiene il governo Draghi è di gran lunga inferiore a quello dei tempi del governo gialloverde. A ciò deve aggiungersi che nelle ultime settimane, durante l’esame del testo di riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario alla Camera, è stato soprattutto il Pd a opporsi alle proposte più radicali avanzate dalle altre forze politiche e a tutelare alcuni interessi fondamentali della magistratura (ad esempio sulla separazione delle carriere, la responsabilità civile delle toghe, i magistrati fuori ruolo). In questo contesto, non è da escludere che il M5s possa finire per convergere con il Pd per  l’elezione di Rossomando alla vicepresidenza del Csm.