“Sciopero dei magistrati inopportuno? No”. A sportellate con Santalucia, presidente dell'Anm
Intervista a Giuseppe Santalucia, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, che respinge le critiche per l'astensione delle toghe contro la riforma Cartabia: "Non è una forma di pressione sul Parlamento"
Ma non trova inopportuno a livello istituzionale che i magistrati proclamino uno sciopero contro una legge, quella dell’ordinamento giudiziario e del Csm, che è ancora sotto l’esame del Parlamento?”. La domanda questa volta abbiamo deciso di porla direttamente a lui, al presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, che – con apprezzabile disponibilità – ha accettato di rilasciare un’intervista al nostro quotidiano, non proprio generoso rispetto alle ultime iniziative delle toghe. Al termine dell’assemblea generale di sabato scorso, l’Anm ha deciso di proclamare una giornata di astensione (con data ancora da definire) come forma di protesta nei confronti della riforma Cartabia. Il presidente Santalucia replica secco alla nostra prima domanda: “No, non è una forma di pressione sul Parlamento. E’ una delle forme tradizionali con cui una categoria professionale cerca di rappresentare un disagio talmente diffuso da non poter trovare altre forme meno impattanti di esternazione”.
In una recente intervista al Foglio, Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale, ha affermato che i magistrati, come tutti i funzionari pubblici, hanno tutto il diritto di scioperare per questioni legate alla loro posizione di dipendenti statali (come lo stipendio). Cosa diversa, però, è scioperare per contestare i contenuti di una legge ancora in discussione in Parlamento. “Io rispetto il pensiero di tutti, si figuri quello di un emerito presidente della Corte costituzionale – risponde Santalucia – Noi abbiamo un’opinione diversa. L’Anm non si è costituita per difendere interessi sindacali, ma è nata con una vocazione più alta, cioè quella di contribuire al dibattito sulle questioni di giustizia e di ordinamento giudiziario. Nel nostro statuto originario, in epoca pre-repubblicana, era scritto che eravamo un’associazione asindacale, oggi siamo solamente apolitici”. Beh, apolitici fino a un certo punto. Proclamare uno sciopero mentre un disegno di legge è sotto l’esame del Parlamento è un atto di grande rilievo politico. “Noi siamo estranei alla politica partitica. Qui si tratta di realizzare una buona legge di ordinamento giudiziario”.
Passiamo alle questioni al centro della protesta. La riforma prevede che il passaggio di funzioni tra pubblici ministeri e giudici sarà possibile solo una volta. Cosa vi preoccupa? “Progressivamente si è passati dai quattro passaggi attuali ai due proposti dalla ministra Cartabia, per poi arrivare a uno. Il passaggio successivo sarà la separazione totale delle carriere, secondo noi contraria allo spirito della Costituzione”, afferma Santalucia. Ma perché parla di eventuali futuri interventi? Voi scioperate contro una legge che non prevede l’azzeramento dei passaggi. “Io vedo la legge in un andamento diacronico – replica il presidente del sindacato delle toghe – Da quattro passaggi si è passati a due, poi a uno. Avere il pubblico ministero condannato a vita a fare il pubblico ministero non è la cosa migliore per rendere giustizia. Guardare il processo dalla prospettiva di chi giudica aiuta a correggere gli eccessi del ruolo dell’accusatore, e non certo a inquinarne la capacità professionale. Noi sosteniamo che i passaggi di funzioni siano a beneficio della giurisdizione”. Ma il problema è il contrario, cioè che spesso i giudici si sono mostrati appiattiti alle tesi dei pm. “Ma questo, semmai fosse vero, non dipenderebbe dal passaggio delle funzioni. Dovremmo piuttosto potenziare i meccanismi di controllo della giurisdizione nella fase delle indagini”.
Altra questione cruciale: valutazione della professionalità. L’istituzione del cosiddetto fascicolo delle performance ha creato forti agitazioni tra le toghe per il riferimento alla verifica dell’esito dei procedimenti nelle successive fasi di giudizio. La riforma, però, punta a rintracciare “gravi anomalie”, non a esaminare singole vicende giudiziarie. “Innanzitutto – spiega Santalucia – si rischia di inceppare l’intero sistema di valutazione della professionalità, prevedendo l’inserimento nel fascicolo di tutti i provvedimenti prodotti dal magistrato. Per quanto riguarda il riferimento ai gradi successivi, non è il riferimento alle ‘gravi anomalie’ che ci preoccupa, ma l’acquisizione a campione dei risultati degli esiti degli affari nelle fasi successive. Il magistrato cosa farà, essendo in gioco la sua carriera? Si uniformerà alla giurisprudenza. La riforma sollecita un sentimento impiegatizio, ma questo non è un modo buono di fare giustizia”. Presidente, le faccio una domanda molto diretta: un pubblico ministero in un mese chiede 200 misure di custodia cautelare, 150 di queste vengono accolte e poi annullate; non è un parametro da considerare nel valutare quel pm? “Assolutamente sì – risponde Santalucia – Noi non vogliamo difendere coloro che non hanno capacità professionale. Temiamo però che, avendo di mira quei casi abnormi, il legislatore abbia creato una disposizione che rischia di fare danni, prevedendo una campionatura di tutti i provvedimenti dei magistrati”.
Non teme che la proclamazione dello sciopero dei magistrati possa non essere compresa dall’opinione pubblica ed essere vista come una difesa corporativa, soprattutto dopo i recenti scandali? “Questa riforma merita di essere portata all’attenzione di chi la sta scrivendo. Gli scandali ci sono stati, ma noi siamo un corpo sano del paese. L’associazione ha il dovere di rappresentare una magistratura che non è conosciuta e che non ha nulla a che vedere con l’affaire Palamara. Ci sono energie vitali che vogliono potersi esplicare, ovviamente nel rispetto dei ruoli e in difesa degli interessi della collettività”, conclude Santalucia.