Il processo-scandalo spettacolo immoralista del tempo che viviamo

Giuliano Ferrara

Il rovesciamento e lo spappolamento della realtà divampano: Montepaschi non fa eccezione, come Mafia Capitale e molti altri. Finché rimedi istituzionali seri non saranno trovati, prepariamoci a nuove tragedie e a nuove farse 
 

I grandi processi che fanno scandalo e hanno tremende conseguenze sulla vita nazionale, sulla politica, sul costume, sulle classi dirigenti e sui cittadini, sono il vero spettacolo immoralista del tempo che viviamo. Montepaschi non fa eccezione, come Mafia Capitale e molti altri. Nasce un caso, semplice come la corruzione romana nei centri amministrativi o complicato come l’acquisto di una banca a un prezzo controverso. Giornali e tv se ne impadroniscono con fiero e cinico cipiglio. Entrano in campo partiti e demagoghi da strapazzo.

Dietro le quinte lavorano le lobby, circolano i veleni delle inimicizie, delle carriere in attesa o sopravanzate. I magistrati procedono in un clima metodico di ostentazione, si lasciano circolare notizie vere, verosimili, false. Il mastice è l’apparenza suggestiva. La Mafia trionferebbe in un mondo di mezzo abitato da una cooperativa popolare disinvolta che fa attacchinaggio e raccolta di foglie secche o da un bullo che lavora con i cravattari, i prestatori di denaro a usura, in una pompa di benzina. 

Un coltello giapponese per tagliare il pesce, sequestrato e mostrato, diventa elemento d’accusa di un arsenale, bum. Quella banca è stata sventrata da una banda del buco che ha mosso per sé e per lucro miliardi di euro dei contribuenti attraverso operazioni finanziarie internazionali. Un suicidio diventa un giallo. Si inventano formule a effetto, si politicizzano i dettagli, ciascuno cerca nel mondo del potere di catturare un’immagine a uso personale per colpire avversari, sputtanare leadership, bloccare strategie, produrre un gigantesco effetto emotivo che si trasforma in chiacchiera quotidiana, e si deforma mostruosamente senza nessun rispetto per le persone, per le maschere in giudizio, per i diritti, per la ricostruzione di una ordinaria misura di verità processuale, il tutto per la platea di un pubblico che assiste stordito al procedere della valanga, con la complicità festosa e bugiarda dei mezzi di comunicazione fuori controllo.

Secondo il modello, che fa epoca, delle inchieste di Milano sulla corruzione, dei pool, delle fiaccolate in procura, degli automatismi che portano ai mandati di cattura a grappolo, alle retate, alla ricerca delle confessioni attraverso la carcerazione preventiva, alla mostrificazione dei presunti responsabili di malaffare, si procede come se la giustizia fosse un mezzo cingolato per travolgere le istituzioni. Tipi da sbarco alla Beppe Grillo, molti anni dopo la tragedia della dissoluzione della Repubblica dei partiti politici, innestano la furia farsesca dell’antipolitica nel solco della manipolazione. Si diventa Robin Hood in un battibaleno, ci si impanca a vendicatori dei deboli, si eleggono sulla scia del chiasso formidabile e della ghigliottina come parola d’ordine sindaci privi della benché minima legittimazione o esperienza per condurre amministrazioni cittadine come Roma, si prepara l’assalto al governo della cosa pubblica con conseguenze che si sono viste. Piovono i voti, i consensi estorti a viva forza, gli equivoci, si sparge una melassosa sicurezza, basata sul poco che viene lasciato intravedere, della colpevolezza universale, dell’insalvabile dignità perduta dell’operare pubblico. Si rivoluziona il sistema bancario, sotto accusa controllati e controllori, la dimensione internazionale degli scandali, Roma mafiosa e il Montepaschi in mano ai ladri, fa il suo corso bestiale senza veri controlli, sempre difficili anche fuori dai nostri confini.

Gli antidoti e i correttivi non funzionano. Questo piccolo giornale scrisse subito, con una bella e lunga inchiesta di Alberto Brambilla, che lo scandalo gognesco del Montepaschi puzzava di manipolazione; e un profluvio di articoli irriverenti mise sotto accusa i metodi antimafiosi spurii e la grancassa inaudita del processone di Mafia Capitale. Per non parlare della battaglia ultradecennale sulla madre di tutte le manipolazioni detta Mani Pulite. Ma non basta che sia vendicato l’istinto o l’intuito di piccole minoranze garantiste, quando il rovesciamento e lo spappolamento della realtà divampano ed è difficile, impopolare, perfino assurdo sostenere certe tesi, indagare in certi cunicoli, praticare il dubbio. Finché rimedi istituzionali seri non saranno trovati, prepariamoci a nuove tragedie e a nuove farse.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.