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Il clamoroso flop dell'Anm: sciopera meno di una toga su due

Ermes Antonucci

All’iniziativa proclamata contro la riforma dell’ordinamento giudiziario e del sistema elettorale del Csm ha aderito solo il 48 per cento. Ma oltre ai numeri impietosi, ci sono le critiche dei magistrati al presidente dell'associazione Santalucia, che se la prende con il Parlamento

Meno di una toga su due (il 48 per cento) ha aderito allo sciopero indetto dall’Associazione nazionale magistrati. Come ampiamente previsto nei giorni scorsi, l’iniziativa proclamata dall’assemblea generale dell’Anm contro la riforma dell’ordinamento giudiziario e del sistema elettorale del Csm si è rivelata un clamoroso flop. Una figuraccia doppia, se si considera che poche ore prima della comunicazione dei dati definitivi, il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, aveva annunciato provvisoriamente un’adesione dei magistrati allo sciopero pari al “63-65 per cento a livello nazionale”.

 

Alla fine, invece, la percentuale di partecipazione all’astensione non è riuscita neanche a superare la soglia del 50 per cento, una cifra ben distante dai fasti di un tempo: l’ultimo sciopero indetto dall’Anm nel 2010 registrò un’adesione tra l’80 e l’85 per cento, quelli proclamati tra il 2002 e il 2005 contro la riforma dell’ordinamento giudiziario targata Castelli registrarono tassi di adesione di addirittura il 90 per cento. Tremende le percentuali di adesione in alcuni distretti, come quello di Trento (24 per cento), Torino (33), Messina (35), Roma (38). Persino nel distretto di Milano la partecipazione  non è andata oltre il 51 per cento. 

 

Se non bastassero i numeri, sono le parole espresse da diversi magistrati a pesare come macigni e a delineare una spaccatura tra i vertici dell’Anm e la base. A Roma, ad esempio, il procuratore aggiunto Paolo Ielo, pur esprimendo un giudizio “pesantemente critico” sul disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, ha preso ufficialmente le distanze “dall’utilizzazione dello sciopero come forma di protesta, perché inutile e inopportuna”. Nei giorni scorsi, anche un altro pezzo da novanta dell’ufficio capitolino, il procuratore aggiunto Angelantonio Racanelli, aveva annunciato la sua mancata adesione allo sciopero proclamato dall’Anm. 

 

Ma le parole più dure sono giunte da uno dei simboli del tribunale di Milano, che non a caso ha fatto registrare fra i tassi di adesione più bassi. Mentre il presidente dell’Anm ribadiva in una conferenza stampa tenutasi proprio nel palazzo di giustizia di Milano le ragioni alla base della protesta, il gip milanese Guido Salvini appendeva sulla porta del suo ufficio un foglio in cui comunicava di non aderire all’astensione e di essere presente a lavoro. “Ho avuto la sensazione – ha poi spiegato – di uno sciopero ‘inventato’ quasi nella speranza di fare dimenticare i guasti all’interno della magistratura, che sono emersi in questi anni, e di una iniziativa a cui molti possono aver aderito senza il minimo entusiasmo, ma solo per conformismo nei confronti delle correnti ben sapendo che da loro dipende la vita di ogni magistrato”. 

 

In mattinata, Santalucia aveva ribadito le motivazioni dell’iniziativa, arrivando addirittura a definire lo sciopero “un atto di generosità e di responsabilità” preso dalla magistratura “nel periodo di maggiore crisi della sua immagine”. Il presidente dell’Anm, se da un lato ha evidenziato l’obiettivo di costruire un dialogo costruttivo con le forze politiche (nella speranza di migliorare il testo in discussione al Senato), dall’altro se l’è presa direttamente con il Parlamento, accusandolo di aver introdotto modifiche “fortemente peggiorative” all’originario testo Cartabia, così producendo una legge “poco conforme allo spirito della Costituzione”. L’ennesimo atto di accusa pesantissimo nei confronti della politica, che tuttavia non sembra trovare consensi nella base della magistratura associata. Resta ora da vedere come i vertici del sindacato delle toghe affronteranno questo incredibile flop. 

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