L'urgenza di votare “sì” ai referendum sulla giustizia. Parla il giudice Virga
Dalla separazione delle carriere passa la fiducia dei cittadini nella magistratura. “Il voto è l'occasione per rimediare agli scandali che hanno travolto i giudici”, ci dice l'ex consigliere del Csm
“Finalmente mi sento un uomo libero”. Il giudice di Palermo Tommaso Virga assapora il gusto del secondo giorno da pensionato dopo quarantotto anni trascorsi nelle aule dei tribunali. “Sono stato sempre e soltanto giudice, non ho mai voluto cambiare funzione perché, a mio giudizio, requirente e giudicante sono mondi distinti e separati”, dice al Foglio il magistrato che il 12 giugno voterà “Sì” ai cinque referendum, promossi da Lega e Radicali. “E’ l’occasione, forse l’ultima che avremo, per imprimere un cambiamento serio all’amministrazione della giustizia. I quesiti sono troppo tecnici? In ogni caso, il cittadino ha la straordinaria opportunità di far sentire la propria voce. Dobbiamo andare a votare per non lamentarci il giorno successivo”. Virga, ex consigliere del Csm in quota Magistratura indipendente, assolto in primo e secondo grado dall’accusa di abuso d’ufficio nella vicenda Saguto, ha vissuto personalmente i veleni di una corporazione togata dove, talvolta, accuse e illazioni fungono da regolamento di conti interno.
“Sono stato scagionato in entrambe le istanze perché il fatto non sussiste. Certi procedimenti nascono per favorire qualcuno o per mettere fuori gioco qualcun altro”, scandisce sibillino. Tuttavia, anche dopo l’impasse giudiziaria, Virga è tornato a indossare la toga fino al raggiungimento della pensione. “Nei tribunali c’è bisogno di aria fresca, dobbiamo dare spazio alle nuove generazioni. Anche per questo voterò ‘Sì’ ai referendum. Dopo gli scandali che ci hanno travolto, dobbiamo ammettere che non abbiamo più la fiducia dei cittadini. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito la riforma del Csm non più rinviabile, evidenziando la necessità dei requisiti di efficienza e prevedibilità delle decisioni giudiziarie”.
Uno dei quesiti referendari riguarda proprio l’elezione dei componenti togati del Csm: si abolisce l’obbligo di raccolta firme per presentare la propria candidatura. “E’ un buon rimedio per ridurre il potere delle correnti che decidono la buona e la cattiva sorte. Il quesito che mi sembra più urgente riguarda la separazione delle carriere: è vero che solo una esigua minoranza di magistrati cambia funzione, e si può fare soltanto una volta in tutta la carriera, tuttavia tale facoltà, a mio giudizio, contrasta con il dettato costituzionale che incardina la figura del pm in modo radicalmente differenziato rispetto al giudice. Se i giudici sono soggetti soltanto alla legge, il pm, sulla base dell’articolo 107 della Costituzione, gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Al giudice è richiesto di essere terzo e imparziale mentre pm e avvocato sono per definizione ‘parti’ nel procedimento”. Si dice che, separando le carriere, il pm diventerebbe un super poliziotto, scevro dalla cultura giurisdizionale… “Già oggi il pm conduce le indagini e guida la polizia giudiziaria in ogni caso. Mi sembra che si voglia nascondere la realtà. Non sta in piedi neanche la ventilata minaccia per l’indipendenza della pubblica accusa: contro il rischio di ingerenze da parte della politica o di altri organi istituzionali, è sufficiente stabilire per legge, per esempio, che il pm sarà soggetto a una sezione ad hoc in seno al Csm”.
Il suo giudizio sulla carcerazione preventiva? “Voto ‘Sì’. Nel nostro paese il ricorso alla custodia cautelare in carcere non è coerente con quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione che sancisce il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva. In troppi casi assistiamo a vicende abominevoli, con persone tenute per mesi dietro alle sbarre salvo poi uscire assolte, a distanza di anni, perché il fatto non sussiste. Ho sentito dire, in più occasioni, che la custodia cautelare aiuterebbe l’imputato dal momento che la detenzione conferisce una priorità accelerando la definizione del procedimento. Le sembra un ragionamento da paese civile?”.
Il referendum interviene anche sul sistema di valutazione dei magistrati. “Ben venga il coinvolgimento degli avvocati nei consigli giudiziari: li ho sempre considerati una categoria fondamentale per la giurisdizione. A me hanno insegnato che non esiste un buon giudice senza un buon avvocato”. E sulla incandidabilità dei condannati in primo grado? “Spetta ai cittadini, e soltanto a loro, stabilire chi è meritevole di essere candidato e votato”.