La giustizia tra realtà e fiction
"La bolgia dei dannati": il nuovo romanzo di Marcello Vitale
Intervista al presidente aggiunto onorario della corte di Cassazione, di nuovo nelle librerie (edito da Cairo): "Per rilanciare la giustizia bisogna riscoprire l'articolo 111 della Costituzione. Il pm non straripi dalle proprie competenze"
"Per rilanciare la giustizia in Italia sarebbe sufficiente guardare (e rispettare) l’articolo 111 della Costituzione, quello che stabilisce il principio del giusto processo. Bisognerebbe ricordarsi che la prova si forma in dibattimento nel contraddittorio tra le parti, che il pubblico ministero non deve straripare dalle proprie competenze, per esempio gettando reti a strascico (magari catturando 250 persone, di cui poi alla fine ne vengono condannate soltanto una decina), e che i processi devono avere una durata ragionevole”. A parlare, intervistato dal Foglio, è Marcello Vitale, presidente aggiunto onorario della corte di Cassazione, da pochi giorni nelle librerie con il suo nuovo romanzo, “La bolgia dei dannati” (Cairo editore).
Un legal thriller ambientato in Calabria, terra natale di Vitale (originario di Nicastro). Già presidente di sezione della corte d’appello di Roma, Vitale iniziò la sua carriera a Torino negli anni della contestazione studentesca e agli albori del terrorismo, per poi rientrare in Calabria e svolgere le funzioni di componente titolare della corte d’assise di Catanzaro, procuratore della Repubblica di Lamezia Terme e presidente di sezione della corte d’appello di Catanzaro. Il protagonista del romanzo, il procuratore Aurelio Rasselli, ne ripercorre idealmente le orme, lasciando quel Nord in cui ha lavorato per anni per rimettersi in gioco nel suo paese natale, Larodi, finendo per indagare sull’uccisione di un camionista. Un caso che ben presto si rivelerà essere ben più complesso del previsto, tanto da coinvolgere persino il mondo oscuro del web.
“La bolgia dei dannati” è solo l’ultima opera di Vitale, già autore di otto raccolte di poesie e di altri due romanzi. Anche in questo libro il magistrato finisce per riversare molte delle esperienze vissute nel corso della sua lunga attività di inquirente e di giudice. “Quest’ultimo romanzo – afferma Vitale – è anche un modo per spiegare come un magistrato dovrebbe portare avanti le attività di investigazione, con il dubbio che piano piano rischiara la strada, senza tesi precostituite ed esagitazioni”.
La pubblicazione del libro costituisce inevitabilmente anche l’occasione per riflettere con Vitale sullo stato della giustizia italiana. Una giustizia innanzitutto da velocizzare, come si prefigge la riforma del processo penale elaborata dalla Guardasigilli Marta Cartabia. “La riforma prevede certamente aspetti positivi – dichiara Vitale – come l’istituzione dell’ufficio del processo e gli investimenti in materia di digitalizzazione delle procedure e degli atti. A questa parte positiva, quella fatta di interventi concreti, si aggiungono però perplessità circa il meccanismo dell’improcedibilità”. Il meccanismo, introdotto dalla Guardasigilli per superare la norma Bonafede che abolisce la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, stabilisce termini massimi per lo svolgimento dei processi in appello (due anni) e in Cassazione (un anno), con la possibilità di proroghe (massimo un anno per l’appello e sei mesi per la Cassazione) nel caso di processi particolarmente complessi. “Questo meccanismo – afferma Vitale – scarica sulla fase di appello e di Cassazione tutte le incongruenze del sistema e l’omessa velocizzazione della fase delle indagini. Anziché introdurre questa tagliola, sarebbe bastato approvare una norma che ridefinisse i termini di prescrizione dei reati”.
Insufficiente, per Vitale, anche il nuovo sistema elettorale ideato per l’elezione del Csm: “Anche con le nuove norme le correnti troveranno un sistema per condizionare le elezioni. L’unica soluzione è il sorteggio”. Mentre positive vengono giudicate le nuove norme sulle porte girevoli fra politica e magistratura: “Occorre ridurre la possibilità per il giudice, una volta che si presenta in politica, di tornare in magistratura. La moglie di Cesare non deve soltanto essere onesta, ma anche sembrare onesta”.
Sulla perdita di credibilità della magistratura nell’opinione pubblica, Vitale si dice infine “dispiaciuto” (“Il giudice deve avere la fiducia dei cittadini, perché solo così c’è una pacata accettazione delle decisioni della magistratura”), ma anche qui non manca di lanciare una frecciata: “Parlo di fiducia, non di consenso alla Masaniello, come hanno creduto diversi magistrati poi sbarcati in politica”.