Dello scandalo al Csm restano pochi capri espiatori sanzionati tra conflitti di interessi
Di fronte a uno dei più gravi scandali della sua storia, la magistratura ha agito realizzando una sorta di amnistia generalizzata nei confronti delle toghe coinvolte, fatta eccezione per pochi casi, puniti attraverso procedimenti non proprio cristallini
Nelle ultime settimane abbiamo raccontato di come, attraverso una serie di circolari, l’ormai ex procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi (andato in pensione il 9 luglio), titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, abbia reso non procedibili sul piano disciplinare numerose condotte scorrette praticate da decine di toghe coinvolte nelle famose chat di Luca Palamara. Attraverso l’adozione di due circolari, infatti, Salvi ha stabilito che le “attività di autopromozione” praticate dai magistrati non integrano illecito disciplinare e che “anche con riguardo a condotte scorrette gravi l’illecito disciplinare può tuttavia risultare non configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza”.
Questa gestione “morbida” dello scandalo ha generato diverse critiche da parte dei componenti laici del Consiglio stesso. L’articolo del Foglio ha anche spinto la deputata di Italia Viva, Flora Frate, a depositare un’interrogazione alla ministra della Giustizia Marta Cartabia per chiedere chiarimenti sulla vicenda. Le direttive di Salvi, si legge nell’interrogazione di Frate, sarebbero infatti anche “in conflitto di interesse, poiché da numerosi articoli di stampa emerge che il dottor Salvi si sarebbe in più occasioni autopromosso per l’incarico di procuratore generale presso la corte di Cassazione con il presidente della quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura” (cioè Palamara).
A ben vedere, è l’intera vicenda a essere segnata da incredibili conflitti di interessi. E’ sufficiente osservare ciò che è accaduto con i pochi capri espiatori che sono stati sanzionati in seguito allo scandalo. A dispetto dell’amnistia realizzata nei confronti dei “magistrati chattatori”, la giustizia disciplinare nei confronti dei magistrati coinvolti nell’incontro all’Hotel Champagne è stata rapidissima. Palamara è stato radiato, mentre gli altri cinque magistrati (nel frattempo dimessisi dal Csm) sono stati sanzionati con la sospensione dalle funzioni. Il procedimento nei confronti di Cosimo Ferri, deputato ma magistrato in aspettativa, anch’egli presente all’incontro, è ancora in corso.
Nel suo libro “Il Mostro”, Matteo Renzi rivela che all’Hotel Champagne, luogo degli incontri tra Palamara, Ferri e tanti altri, “andavano personaggi di ogni colore politico”. All’Hotel, “in processione da Cosimo Ferri”, si sarebbe recato anche il professore Filippo Donati, eletto membro laico del Csm su indicazione dei grillini, che all’epoca ambiva al ruolo di vicepresidente del Csm (ruolo che poi sarebbe stato assegnato a David Ermini). “Ironia della sorte – scrive Renzi – sarà proprio lui a presiedere il disciplinare contro Ferri”. In effetti, proprio Donati presiede la sezione disciplinare che sta valutando le condotte di Ferri. Non risultano sue smentite rispetto a quanto riportato nel libro di Renzi.
Ironia della sorte, aggiungiamo noi, Donati è anche colui che ha presieduto il collegio che ha sanzionato i cinque magistrati presenti all’incontro all’Hotel Champagne: Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre, Gianluigi Morlini e Luigi Spina. Non è tutto. Di quel collegio hanno fatto parte anche i togati Carmelo Celentano e Michele Ciambellini. Celentano, fedele esponente di Unicost, non solo chattava anche lui con Palamara sponsorizzando colleghi e chiedendo notizie sulle nomine, ma ha fatto il suo ingresso al Csm nell’ottobre 2020 dopo l’uscita di scena, per raggiunti limiti di età, di Piercamillo Davigo, essendo risultato primo dei non eletti alle precedenti elezioni. Prima di sostituire Davigo, Celentano ricopriva il ruolo di sostituto alla procura generale della Cassazione, cioè dell’ufficio retto da Salvi chiamato a esercitato l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati. Insomma, Celentano ha ricoperto prima l’incarico di accusatore e poi di giudice. Non proprio il trionfo dello stato di diritto.
Persino più incredibile è il caso di Ciambellini. Nelle motivazioni della sentenza con cui il collegio disciplinare del Csm ha sanzionato i cinque magistrati dell’Hotel Champagne, a sostegno delle accuse viene citata una conversazione tra Spina e Palamara che chiama in causa proprio Ciambellini. Un elemento che avrebbe potuto (dovuto?) quantomeno spingere Ciambellini a interrogarsi sull’opportunità di astenersi dal procedimento.
Alla fine, tre membri su sei del collegio disciplinare risultano circondati da sospetti di conflitti di interessi.
Insomma, di fronte a uno dei più gravi scandali della sua storia, la magistratura ha agito realizzando una sorta di amnistia generalizzata nei confronti delle toghe coinvolte, fatta eccezione di pochi capri espiatori, alcuni puniti attraverso procedimenti segnati da svariati conflitti di interessi. Non una bella figura per un Csm che, a causa dello scioglimento anticipato del Parlamento, sarà pure prorogato.