L'intervista

Matteo Renzi al Foglio: “Contro Eni persecuzione giudiziaria”

Ermes Antonucci

“Da Cagliari a Descalzi, il Cane a sei zampe assediato da certi magistrati, ma ancora in vita. Questo dimostra la resilienza straordinaria delle grandi aziende italiane", dice il leader di Italia viva, dopo la conclusione del processo Eni-Nigeria

"Quella contro Eni è stata un’aggressione giudiziaria e mediatica. Claudio Descalzi fu massacrato e molti fecero pressioni affinché io chiedessi le sue dimissioni. Io invece fui fermo nella mia scelta e sono contento che a distanza di otto anni tutto si sia chiarito, anche perché ho visto quanto Descalzi abbia personalmente sofferto per questa vicenda”. Intervistato dal Foglio, il leader di Italia viva, Matteo Renzi, commenta con queste parole la conclusione del processo Eni-Nigeria, giunta pochi giorni fa in seguito alla decisione della procura generale di Milano di non impugnare la sentenza di assoluzione nei confronti di tutti e 15 gli imputati, inclusi l’ad di Eni Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni.

Il 12 settembre 2014, quando la procura di Milano avviò l’indagine contro i vertici Eni per corruzione internazionale in Nigeria, Renzi pubblicò questo tweet: “Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di Eni. Potessi lo rifarei domattina. Io rispetto le indagini e aspetto le sentenze”. Il tempo ha dato ragione a Descalzi, e anche al leader di Iv, che ora afferma: “La persecuzione che è stata operata contro Eni, non da oggi e nemmeno negli ultimi otto anni, è incredibile. Non è pensabile che si vada da Gabriele Cagliari fino a Descalzi con un costante ritornello contro l’Eni che si conclude sempre con un nulla di fatto. C’è la fissazione di qualche magistrato milanese che è assolutamente inspiegabile. Il fatto che il Cane a sei zampe sia ancora vivo dimostra la resilienza straordinaria delle grandi aziende italiane”. 

L’ultima inchiesta, incentrata su una presunta maxi tangente da oltre un miliardo di dollari pagata da Eni in Nigeria, ha avuto un impatto non indifferente. “Si è affermato il principio secondo cui siccome di mezzo c’era il petrolio allora c’era sotto qualcosa di sporco – dichiara Renzi – Questo ha intanto disincentivato a investire in questo settore in Italia. In secondo luogo, ci ha allontanati dall’Africa, che era l’unico vero corridoio alternativo a quello russo per l’approvvigionamento di gas e di petrolio”. 

L’inchiesta della procura di Milano, portata avanti dai magistrati Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, sotto il coordinamento dell’allora capo Francesco Greco, si è conclusa con una bocciatura senza precedenti, sia del collegio giudicante di primo grado che della procuratrice generale Celestina Gravina, che si è rifiutata di impugnare la sentenza di assoluzione, usando parole durissime nei confronti dell’impianto accusatorio: “assenza di prove”, “insinuazioni”, “esilità e assoluta insignificanza degli elementi d’accusa”. “Faccio i complimenti alla procura generale – dice Renzi – Quando si dice che i magistrati sono tutti uguali si commette un errore grossolano e anzi bisogna avere il coraggio, così come quando si criticano provvedimenti discutibili, di ringraziare chi ha la forza di dire quella che semplicemente è la verità”. 

Lo spirito garantista, aggiunge Renzi, ispirerà l’azione di Italia viva anche durante la campagna elettorale: “Siamo gli unici in grado di chiedere a quei sette milioni che sono andati a votare i referendum sulla giustizia di votare per noi, perché nel nostro caso il garantismo non è a giorni alterni, come invece accade ad altri, a cominciare da Salvini e dal Pd”. Italia viva aderirà al patto repubblicano lanciato da Calenda? “Vedremo – replica Renzi – Per ora solo chiacchiere sui nomi. Inizieremo a fare sul serio quando andremo sui contenuti”.