Il Far West del Csm: le nomine continuamente bocciate dai giudici amministrativi
Tar e Consiglio di stato continuano ad annullare le scelte del Consiglio superiore della magistratura sui dirigenti degli uffici giudiziari. Serlenga (Associazione magistrati amministrativi): "Non esistono valutazioni meritocratiche, le correnti dominano"
L’ultima bocciatura per il Consiglio superiore della magistratura è giunta soltanto una settimana fa: il Tar del Lazio ha annullato l’atto con cui il 13 febbraio 2020 i consiglieri di palazzo dei Marescialli hanno nominato il magistrato Roberto Aniello come procuratore generale presso la corte d’appello di Genova. I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso presentato da un altro candidato, Carlo Maria Zampi, stabilendo “l’erroneità della delibera impugnata, per avere omesso la completa valutazione del suo profilo professionale, oltre che per una non corretta comparazione tra quest’ultimo e il profilo del prescelto”. Le nomine decise dal Csm e poi annullate dai giudici amministrativi ormai non si contano più.
Il 27 giugno il Tar del Lazio ha annullato la nomina di Gabriele Paci a procuratore capo di Trapani, rilevando anche in questo caso una comparazione tra i candidati “lacunosa” da parte del Csm. Poche settimane prima era toccato a Giovanni Bombardieri, procuratore capo di Reggio Calabria. Il Consiglio di stato, a distanza addirittura di quattro anni dalla nomina, ha accolto il ricorso degli altri candidati, a causa di difetti nella comparazione dei candidati. Pochi giorni fa, il Csm ha confermato la nomina di Bombardieri all’unanimità con una nuova delibera.
Lo stesso era avvenuto, in maniera molto più clamorosa, a gennaio, quando il Consiglio di Stato aveva decapitato i vertici della Corte di Cassazione, dichiarando illegittime le nomine del presidente Pietro Curzio e del presidente aggiunto Margherita Cassano, a pochi giorni dalla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. Anche in quel caso, poi, il Csm aveva confermato le nomine in fretta e furia con motivazioni più articolate. Il caso più eclatante resta quello di Michele Prestipino, che ha ricoperto l’incarico di capo della procura di Roma da marzo 2020 a dicembre 2021, prima di vedersi annullata la nomina ed essere sostituito da Francesco Lo Voi.
Il problema è evidente, ma nessuno sembra volersene occupare (e a settembre si procederà con il rinnovo del Csm). “Il problema è stato ancorare le nomine a delle presunte valutazioni meritocratiche, che però di meritocratico evidentemente hanno ben poco”, dichiara al Foglio Gia Serlenga, giudice del Tar della Puglia e presidente dell’Associazione nazionale magistrati amministrativi (Anma). “Se la carriera della magistratura viene agganciata a criteri fluttuanti – aggiunge – è chiaro che ognuno è costretto a trovarsi un santo protettore. Ecco che il sistema delle correnti si sbizzarrisce e si dà spazio al Far West”.
“Nella giustizia amministrativa la nomina agli incarichi direttivi si basa sull’anzianità senza demerito”, spiega Serlenga. “Qualcuno potrebbe obiettare che il criterio dell’anzianità secco abbia i suoi risvolti negativi perché non dà spazio a nessun altro tipo di valutazione – prosegue la presidente dell’Anma – Tuttavia, si potrebbe valutare il demerito in modo rigoroso, ancorandolo a criteri quasi matematici e dando rilievo a parametri come il ritardo reiterato nel deposito delle sentenze. Questo rappresenterebbe il minore dei mali. Sempre che a monte siano stabiliti i carichi massimi esigibili perché alla magistratura, per il carattere dell’attività svolta, non possono di certo essere applicati i principi del fordismo”.
Le distorsioni generate dalla discrezionalità in mano al Csm (e alle correnti) sono chiare. Basando le nomine soltanto sull’anzianità senza demerito e poco altro, però, non si rischia di rendere impossibile l’introduzione di criteri manageriali nella gestione degli uffici giudiziari? “La domanda è lecita – replica Serlenga – ma è possibile ritenere il Csm, composto in prevalenza da magistrati che sono altro dai manager, in grado di valutare le capacità manageriali di altri magistrati? Su questo sono molto dubbiosa. Ecco perché discostarsi dall’avanzamento automatico è un rischio”. Insomma, per superare le degenerazioni correntizie la presidente dell’Anma propone nomine basate su tre principi: “Anzianità senza demerito, fissazione ex ante dei carichi esigibili, temporaneità degli incarichi”.