“La vera minaccia per le toghe sono le correnti”. Parla Mirenda, il magistrato antisistema candidato al Csm
Il giudice di sorveglianza di Verona, da sempre tra i critici più feroci del sistema correntizio e sostenitore dell’impiego del sorteggio temperato per l’elezione del Consiglio superiore della magistratura, è stato sorteggiato come candidato al rinnovo dell’organo di governo autonomo delle toghe
Neanche il miglior sceneggiatore avrebbe potuto immaginare un colpo di scena più incredibile per le elezioni del prossimo Consiglio superiore della magistratura, previste il 18 e 19 settembre. Il magistrato Andrea Mirenda, giudice del tribunale di sorveglianza di Verona, da sempre tra i critici più feroci del sistema correntizio e della trasformazione del Csm in un poltronificio, nonché sostenitore dell’impiego del sorteggio temperato per l’elezione dei togati di Palazzo dei Marescialli, è stato sorteggiato dall’ufficio elettorale presso la corte di Cassazione come candidato al rinnovo dell’organo di governo autonomo delle toghe. Come previsto dal nuovo sistema elettorale voluto dalla ministra Cartabia, infatti, in caso di mancato raggiungimento di un numero minimo di candidati nei collegi, i candidati mancanti vengono selezioni tramite sorteggio. Il destino ha voluto che a essere sorteggiato fosse proprio Mirenda, il magistrato più antisistema di tutti. “Alcuni amici mi hanno scherzosamente scritto che ero stato sorteggiato tra le quota rosa – afferma Mirenda al Foglio ridendo – Battute a parte, sono rimasto sbalordito, perché il fatto che fra tutti i magistrati del nord Italia sia stato sorteggiato un magistrato come me, che da vent’anni si batte per il sorteggio, è davvero uno strano scherzo del destino”.
Il profilo di Mirenda è veramente particolare. In magistratura dal 1986, è stato per anni un esponente di primo piano di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe. Nel 2008 decise di abbandonare la corrente (e anche l’Anm) in polemica con i criteri spartitori alla base delle nomine del Csm, a cui la stessa Md mostrava di partecipare attivamente. Nel 2017 lo strappo finale: si dimise dall’incarico di presidente di sezione presso il tribunale di Verona e decise di tornare a fare il giudice di sorveglianza, denunciando il “mercato delle nomine” e la deriva correntizia. In un’intervista accusò il Csm di usare “metodi mafiosi”. Due anni dopo è arrivato lo scandalo Palamara: “E’ venuto fuori semplicemente ciò che tutti i magistrati già sapevano – dice Mirenda – Lo scandalo non è avvenuto nel 2019, ma dal 2006, cioè da quando è stato approvato il testo unico sulla dirigenza giudiziaria, che si è tradotto nel puro arbitrio delle correnti e in una valanga di annullamenti delle nomine da parte dei giudici amministrativi”.
In seguito, Mirenda ha contestato le circolari adottate dall’allora procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, con cui lo scandalo Palamara è stato risolto con una sorta di amnistia generalizzata: “La circolare sull’autopromozione è assolutamente inconsistente sul piano giuridico ed è stato un modo per coprire la vergogna di una pratica che se fosse stata posta in essere da aspiranti a concorsi universitari o a incarichi pubblici avrebbe portato all’incriminazione”, ribadisce il magistrato con parole dure. “La decisione ulteriore di impedire alla sezione disciplinare del Csm di esaminare i casi archiviati ha rappresentato una doppia ferita alla trasparenza che la magistratura dovrebbe avere davanti ai cittadini”.
Memorabile, poi, resta il cartello appeso fuori dalla porta del suo ufficio in occasione dello sciopero celebrato dall’Anm contro la riforma Cartabia lo scorso 16 maggio: “Questo magistrato NON sciopera!”. “Non posso scioperare aderendo a una decisione dell’Anm, cioè di un’associazione che rappresenta il vero pericolo dal punto di vista della minaccia all’indipendenza interna del magistrato”, ribadisce Mirenda. “Peraltro la riforma Cartabia è un progetto modestissimo, che introduce alcuni pochi correttivi per far felice la politica ma lascia mani libere alle correnti”.
Oggi Mirenda fa parte di una sorta di think tank, denominato “Uguale per tutti”, riunito in un blog. “Il nostro gruppo di pensiero – spiega il magistrato – si poggia su due pilastri: il sorteggio temperato per l’elezione dei componenti togati del Csm e la rotazione degli incarichi direttivi, antidoti a costo zero contro il correntismo”. Nonostante lo scherzo del destino del sorteggio, Mirenda non si fa illusioni: “Ho zero prospettive di essere eletto al Csm. Naturalmente mi impegnerò in questo mese di campagna elettorale a fare tutto il possibile, ma la verità è che rappresento lo scemo del villaggio che ulula alla luna. La candidatura, comunque, rappresenta almeno un’opportunità per portare all’attenzione dei colleghi e dell’opinione pubblica le idee del nostro gruppo”.