Incalza assolto per la diciassettesima volta: "In Italia chi fa rischia"

Ermes Antonucci

Intervista all'ex super dirigente del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dopo l'ennesima assoluzione: "Questa giustizia scoraggia chi gestisce la pubblica amministrazione a rimanerci"

Si è concluso con una raffica di assoluzioni (venti imputati su ventisette) il processo sulle presunte tangenti nell’ambito del cantiere del Terzo Valico. Alla fine, a essere condannati sono stati solo sette imputati, con una pena massima a un anno e tre mesi. Tutti gli altri assolti “perché il fatto non sussiste”. Tra questi, per l’ennesima volta, Ercole Incalza, per quattordici anni super dirigente del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (un tempo dei Lavori pubblici), con 7 governi diversi e 5 ministri di ogni schieramento. “Ingegnere, secondo alcuni calcoli per lei si tratta della diciassettesima assoluzione su diciassette processi, è così?”. “Sì, anche se forse sono di più, ho smesso di contarle”, risponde Incalza al Foglio.

 

“Questa collezione di assoluzioni senza dubbio dimostra che la giustizia funziona – aggiunge – ma al tempo stesso scoraggia chi gestisce la pubblica amministrazione a rimanerci. E’ facile che prendano corpo delle denunce, molte volte anche degli attacchi da parte di schieramenti politici, e che quindi si diventi involontariamente martiri. Fortunatamente poi arriva la giustizia, anche se il tempo costituisce un fattore importante. Ci sono casi in cui un processo dura non uno o due anni, ma anche dieci anni. E poi, a dispetto di quanto si dica, cioè che si è innocenti fino a sentenza definitiva, la verità è che in Italia è sufficiente un rinvio a giudizio per essere immediatamente allontanati dal sistema”. 

 

“I miei colleghi attuali farebbero bene a essere molto attenti ad assumere decisioni, perché in Italia fare significa rischiare”, afferma Incalza. Le diciassette (o più) assoluzioni sono il risultato di quanto fatto da Incalza nel corso degli anni trascorsi al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: “Se lei oggi va in stazione – ricorda Incalza – trova ogni venti minuti un treno ad alta velocità che la porta a Milano, a Roma o a Firenze. Se va nel raccordo anulare di Roma trova tre corsie, non due come era fino al 2004. Le potrei citare anche il passante di Mestre, l’autostrada Palermo-Messina, la Catania-Siracusa, la Salerno-Reggio Calabria. Opere che sono state fatte e che si utilizzano. Poi il blocco, la fine, a causa della riforma del codice degli appalti e delle scelte dei governi”.

 

Qui la riflessione di Incalza si fa più ampia, fino a riguardare i miliardi di finanziamenti provenienti dall’Unione europea per le opere infrastrutturali nell’ambito del Pnrr. “Dopo due anni e mezzo di Pnrr non è ancora partito nessun cantiere”, denuncia Incalza. “Le risorse sono state utilizzate solo per le opere già in corso, cioè quelle previste dalla Legge Obiettivo del 2001. In questi due anni e mezzo abbiamo avuto solo annunci. Nei fatti però, se non ci fosse stato il superbonus del 110 per cento, il mondo delle costruzioni sarebbe rimasto fermo. Negli ultimi otto anni sono fallite 120 mila imprese e abbiamo perso 600 mila posti di lavoro nel settore edile. Sono dati che fanno paura”. 

 

Quali i fattori principali di questo immobilismo? “In primo luogo la scelta dei governi di utilizzare le risorse in conto esercizio e non in conto capitale. Lo stato ha preferito sborsare 35 miliardi di euro all’anno per coprire il bonus di 80 euro, quota 100, il reddito di cittadinanza, anziché investire in infrastrutture. Quante volte invece abbiamo sentito parlare di cantieri aperti? Ricordo quando il premier Conte parlò dell’apertura di cantieri per 120 miliardi di euro”. 

 

Il presidente Draghi ha avuto il merito di mettere fine a questo spazio della superficialità”, prosegue Incalza. “Grazie alle riforme del governo Draghi siamo riusciti almeno a ricevere le prime due tranche delle risorse europee. Ora però l’Ue non guarderà più la parte riguardante la programmazione delle riforme, ma quella dell’avanzamento dei lavori”. 

 

Vista la situazione, per Incalza sarebbe opportuno apportare modifiche al Pnrr: “Rivederlo significa raccontare la verità e dire che purtroppo alcune delle opere previste non potranno essere realizzate nei tempi previsti. Dobbiamo ammettere lo stato dell’arte in cui siamo e cercare di distinguere ciò che saremo in grado di fare entro il 31 dicembre 2026. Ricordo che disporremo del nuovo codice degli appalti, che si sta scrivendo, solo alla fine del 2023”. 

 

Rivedere il Pnrr, dunque, per poi procedere rapidamente alla realizzazione delle opere. Anche perché a vigilare sul rispetto degli impegni non sarà soltanto Bruxelles. “Un fatto molto positivo, di cui va dato atto al ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco e alla Ragioneria dello stato, è stata l’istituzione del Regis, un sistema che consente e consentirà il monitoraggio e il controllo sull’avanzamento dei cronoprogrammi previsti”, sottolinea Incalza. Un “cervellone” che sarà lasciato in eredità dal governo Draghi ai futuri esecutivi. 

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