barricate sulla giustizia
I magistrati avvisano il futuro governo: "Pronti alla contestazione"
L'Anm promette battaglia in caso di riforme sgradite alla categoria. Costa (Azione) al Foglio: "La politica non vuole 'mettere in riga' le toghe, ma solo introdurre meritocrazia"
L’Associazione nazionale magistrati lancia un messaggio chiaro al futuro governo: nessuno tocchi la giustizia, anzi, la magistratura. Nel corso del suo 35esimo congresso nazionale, svoltosi lo scorso fine settimana a Roma, il sindacato delle toghe ha inviato vari avvertimenti al prossimo premier e al prossimo ministro della Giustizia (Carlo Nordio?). Venerdì, alla presenza del capo dello stato, Sergio Mattarella, il presidente dell’associazione Giuseppe Santalucia ha espresso la “speranza che sia finalmente messa da canto la pulsione, che in questi recenti anni abbiamo visto invece ravvivata, di poter mettere in riga l’ordine giudiziario, profittando delle difficoltà e del calo di credibilità”. Poi Santalucia è tornato a criticare la riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario, approvata a settembre, auspicando che, “in sede di esercizio della delega legislativa, la politica ascolti attentamente ciò che abbiamo da dire”. Tradotto: il prossimo governo stia attento ad attuare i principi contenuti nella legge delega, volti a rendere più trasparenti i criteri di nomina dei magistrati ai vertici degli uffici giudiziari, a riformare le procedure di valutazione di professionalità delle toghe (oggi in sostanza inesistenti), anche attraverso l’istituzione di un fascicolo delle performance (così da poter considerare anche gli errori commessi dai magistrati), per finire con il riordino della disciplina dei fuori ruolo.
Ancora più dirette, anche se passate sottotraccia, sono state le affermazioni del segretario generale dell’Anm, Salvatore Casciaro: “L’istituzione dell’Alta Corte per giudicare sui procedimenti disciplinari e sulle nomine contestate, la separazione delle carriere, il frazionamento (o lo smembramento) del Consiglio superiore, l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, l’introduzione di forme di responsabilità diretta dei giudici, il sorteggio per l’individuazione dei componenti del Csm sono solo alcune delle iniziative che, se introdotte, determinerebbero lo stravolgimento dell’attuale assetto costituzionale dell’ordine giudiziario”. “Si tratta di proposte – ha aggiunto Casciaro – che dovranno essere contrastate dall’azione unitaria della magistratura associata che deve trovarsi pronta a impegnarsi in difesa dei valori costituzionali e dei diritti dei cittadini”. Insomma, la magistratura è pronta a dare battaglia.
“Sono rimasto sorpreso di fronte all’ennesima accusa rivolta alla politica di voler ‘mettere in riga le toghe’”, dichiara al Foglio Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione, anche lui presente al congresso. Fu proprio Costa a promuovere l’istituzione del fascicolo di valutazione dei magistrati. “Ricordo – aggiunge il deputato – che nelle more dell’approvazione della riforma del Csm, la magistratura fece uno sciopero, soprattutto contro il fascicolo per la valutazione. Io l’ho chiamato uno sciopero delle correnti, visto che i magistrati poi non aderirono molto all’iniziativa. Il testo comunque è stato approvato dal Parlamento e il prossimo governo dovrà adottare i decreti legislativi. Non so se quello dell’Anm fosse un avviso al prossimo governo per affievolire la portata della riforma in fase attuativa o una richiesta di ritornare sui propri passi. Penso però che tutto vada respinto al mittente”.
“Lo spirito della riforma non è affatto quello di mettere in riga la magistratura, ma di introdurre meritocrazia”, aggiunge Costa, sottolineando la contraddizione delle toghe: “Da una parte dicono che c’è stato un periodo in cui non è stato rispettato il principio del merito e sul quale devono fare autocritica. Dall’altra parte, però, si scagliano contro il Parlamento che lavora perché venga rispettato il merito, cioè affinché vengano svolte valutazioni sulla base del lavoro svolto dai magistrati (successi e insuccessi). Anche perché gli errori dei magistrati hanno conseguenze sulla pelle dei cittadini. Non si può giocare sempre sull’irresponsabilità del magistrato, nel senso di assenza di conseguenze rispetto all’errore”.