Il pm Storari assolto anche in appello: consegnò a Davigo verbali secretati
Nell'aprile 2020 il magistrato milanese passò all'allora consigliere del Csm i verbali di Amara sulla fantomatica loggia Ungheria ancora coperti da segreto. Una sentenza che appare surreale. Soffiano venti di auto-assoluzione tra le toghe
È stato assolto anche in appello il pm milanese Paolo Storari, imputato per rivelazione di segreto d’ufficio per aver consegnato nell’aprile 2020 all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo i verbali secretati degli interrogatori resi dall’avvocato Piero Amara sulla fantomatica “loggia Ungheria”. A deciderlo è stata la prima sezione della corte d’appello di Brescia, confermando la sentenza di primo grado emessa lo scorso marzo dal gup Federica Brugnara. Per quanto possa sembrare incredibile, dunque, per i giudici bresciani non costituisce reato la condotta di un pubblico ministero che, ritenendo i vertici del proprio ufficio non sufficientemente tempestivi nell’iscrivere le notizie di reato da lui richieste nell’ambito di un’inchiesta, decide di rivolgersi a un consigliere del Csm e di consegnargli in maniera confidenziale copie, neanche autenticate, dei verbali redatti pochi mesi prima e ancora coperti da segreto investigativo.
Per la cronaca, la procura di Perugia, a cui l’inchiesta sulla loggia è stata trasmessa per competenza, ha concluso le indagini chiedendo l’archiviazione del procedimento: la fantomatica associazione segreta – rivelata dal pluricondannato Amara – composta da esponenti delle forze armate, magistrati, politici e imprenditori, finalizzata a condizionare istituzioni e organi costituzionali, non è mai esistita. Inoltre, i procedimenti per omissione di atti di ufficio aperti a carico dei vertici della procura di Milano accusati da Storari, l’allora procuratore capo Francesco Greco e l’aggiunto Laura Pedio, sono stati archiviati a Brescia su richiesta della stessa procura.
Si vedrà se le motivazioni alla base dell’assoluzione di Storari in appello saranno le stesse utilizzate dal gup in primo grado. In quell’occasione, il giudice bresciano aveva affermato che Storari era incorso “in un errore su una norma extrapenale”, tuttavia aveva concluso che questo errore era da ritenersi “scusabile”, in quanto il pm milanese era “convinto di interloquire con un soggetto legittimato a ricevere quelle informazioni e di veicolarle allo stesso per finalità istituzionali”. Il giudice, infatti, aveva sottolineato come fosse stato lo stesso Davigo a rassicurare Storari sulla correttezza della procedura seguita, sostenendo che il segreto investigativo sui verbali secretati non era a lui opponibile in quanto componente del Csm. In altre parole, Storari venne “indotto” all’errore da Davigo e per questo venne assolto, nonostante le circolari del Csm prevedano tutta un’altra procedura: ammettono la trasmissione al Consiglio di atti coperti da segreto istruttorio attraverso la sottoposizione del caso con plico riservato al comitato di presidenza del Csm, e non in modo informale a un singolo consigliere.
La sentenza di primo grado è stata poi impugnata dalla procura di Brescia, che in appello ha sollecitato una condanna a 5 mesi e 10 giorni per Storari, con la sospensione condizionale e la non menzione. “Non è certamente frequente imbattersi in una sentenza di assoluzione per il riconoscimento di errore di diritto per ignoranza inevitabile della legge extrapenale, specie se ad essere imputato è un magistrato della Repubblica, soggetto che interpreta e applica le norme per professione”, avevano scritto i pm bresciani con sarcasmo nel provvedimento di impugnazione. “Può un sostituto procuratore consegnare atti di indagine in formato word a un consigliere del Csm nel salotto di casa sua, senza formalizzare alcunché e quindi senza spiegare le ragioni dell’uscita di tali atti dal perimetro investigativo?”, si erano chiesti i pm, fornendo risposta negativa. Evidentemente, i giudici di appello devono averla pensata diversamente.
L’assoluzione di Storari non incide, comunque, sul procedimento parallelo aperto nei confronti di Davigo, sempre per rivelazione di segreto d’ufficio. Una volta ricevuti i verbali, infatti, l’ex pm di Mani pulite ne rivelò il contenuto al vicepresidente del Csm David Ermini, ad altri cinque consiglieri, al senatore Nicola Morra e alle sue due segretarie. Il processo nei confronti di Davigo è ancora in corso, ma per il momento da Brescia soffiano venti di auto-assoluzione tra le toghe.
L'editoriale del direttore