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Editoriali

Le evasioni dal carcere di Milano e il simbolo di un'emergenza

redazione

I lavori per la femminile del Beccaria sono bloccati da anni dalla solita controversia sugli appalti e da vent’anni manca un direttore fisso. Così quello che anni fa veniva citato come un caso modello si è degradato fino all’intollerabile situazione attuale

La fuga natalizia dal carcere Beccaria di Milano ha riportato l’attenzione alla situazione che è poco definire anomala dell’istituto. I lavori per la femminile sono bloccati da anni dalla solita controversia sugli appalti, mentre da vent’anni manca un direttore fisso, sostituito da vari “facenti funzione” che naturalmente non sono adatti a occuparsi dei problemi strutturali. Così quello che anni fa veniva citato come un caso modello si è degradato fino all’intollerabile situazione attuale. Sono giuste le lamentele del sindaco Giuseppe Sala che chiede un intervento del governo, ma bisognava aspettare un evento drammatico per farlo?

 

La situazione carceraria italiana è notoriamente insostenibile, sia per il sovraffollamento sia per le carenze di organico aggravate da una gestione burocratica inefficiente. Questa situazione critica in generale, paradossalmente, sembra giustificare o almeno spiegare tutto, mentre forse sarebbe meglio mettere una lente di ingrandimento sui singoli casi cercando rapidamente soluzioni per ciascuno, mentre l’attesa di una riforma o di un intervento generale finisce per lasciare tutto com’è anche in casi in cui non sarebbe poi tanto difficile trovare soluzioni specifiche.

 

Il nome di Cesare Beccaria sembra un’incongruenza e persino un tradimento dei principi illustrati dal grande illuminista milanese. Il carattere rieducativo della pena, che è necessario per tutti come detta la Costituzione, è particolarmente urgente per i minori, ma il caso milanese dimostra il contrario e questo è ormai davvero insopportabile. C’è da sperare che questa volta l’evidenza dei danni causati dall’incuria politica e amministrativa spinga a intervenire davvero, cominciando dal nominare un responsabile permanente che abbia la possibilità di proporre le soluzioni adeguate alla gravità dei problemi che diventano insolubili solo quando si permette che si accumulino, com’è disgraziatamente accaduto al Beccaria e in chissà quanti altri istituti di pena.

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