giustizia
Il destino incerto della riforma Cartabia, tra forca e garanzie
La riforma del processo penale è entrata in vigore il 30 dicembre, ma tutti la vogliono già cambiare, a partire da Fratelli d'Italia. Resta da vedere se in senso garantista o giustizialista
La riforma Cartabia del processo penale, entrata pienamente in vigore il 30 dicembre, già rischia di essere cambiata. Resta da vedere se in senso garantista o giustizialista. Nella prima direzione si potrebbe andare se il governo decidesse di cancellare definitivamente la legge, voluta nel 2019 dall’allora Guardasigilli Alfonso Bonafede, che interrompe il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, rendendo i processi potenzialmente eterni. La ministra Cartabia ha messo una toppa a questo obbrobrio giuridico, inducendo i grillini ad accettare il meccanismo della cosiddetta improcedibilità, cioè l’estinzione del processo se supera la durata di due anni in appello (tre per i reati più gravi) e uno in Cassazione (o 18 mesi). Ne è comunque venuto fuori un iter processuale schizofrenico.
Così, la scorsa settimana il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni ha dato parere favorevole a un ordine del giorno presentato dal deputato Enrico Costa (Azione), e sottoscritto da tutto il Terzo polo, che impegna l’esecutivo a cancellare il blocco della prescrizione dopo il primo grado, ripristinando la disciplina della prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio. “È un’indicazione di buon senso, la prescrizione rimane un fondamento dello stato di diritto, altrimenti rischiamo di avere indagati o imputati a vita”, ha affermato la stessa premier Meloni nella conferenza stampa di fine anno. “Credo che su questo ci sia un consenso trasversale, è uno degli elementi che ci stanno a cuore”, ha aggiunto Meloni.
Venerdì sono entrate in vigore altre parti della riforma Cartabia poco gradite alla nuova maggioranza di centrodestra, soprattutto nelle sue componenti più giustizialiste. Si tratta innanzitutto delle norme che consentiranno la concessione di pene sostitutive al carcere (semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità, pena pecuniaria) agli imputati condannati a pene inferiori ai quattro anni. Visto che le pene fino a quattro anni riguardano circa il 30 per cento dei detenuti, le norme potranno avere un impatto importante sul piano del contrasto al sovraffollamento carcerario. Questa parte del provvedimento è stata fortemente criticata da Fratelli d’Italia e Lega, fedeli a una visione carcerocentrica della pena (scambiata per “certezza della pena”).
Un altro intervento della riforma Cartabia poco gradito da FdI e Lega è costituito dall’estensione dell’elenco dei reati procedibili soltanto su querela della persona offesa, e non più d’ufficio: da venerdì sono diventati tali anche reati come lesioni personali dolose non aggravate, sequestro di persona semplice, lesioni personali stradali gravi o gravissime, violenza privata non aggravata, furto, truffa, frode informatica, appropriazione indebita. Anche queste norme mirano a ridurre il numero dei procedimenti penali, favorendo condotte risarcitorie e riparatorie. Anche questa parte della riforma, però, non piace a quei partiti convinti che a ogni reato commesso debba fare seguito la detenzione in carcere.
Il risultato, come fa sapere un esponente di Fdi al Foglio, è che il partito guidato da Meloni “non esclude di migliorare la riforma per rispondere alla domanda di sicurezza dei cittadini”. “Fratelli d’Italia non aveva votato la riforma Cartabia – prosegue – Una volta arrivati al governo, consapevoli della necessità di rispettare le scadenze europee per il Pnrr, abbiamo deciso responsabilmente di mantenere gli impegni. Restano però molte riflessioni aperte sulla riforma: occorrerà valutarne gli effetti deflattivi, ma garantendo l’esigenza di sicurezza dei cittadini e un’efficace lotta alla criminalità”.
Insomma, per la riforma Cartabia, entrata in vigore da poche ore, già sembrano profilarsi all’orizzonte profondi cambiamenti. Le proposte più giustizialiste provenienti da FdI e Lega, però, potrebbero scontrarsi con le visioni più moderate non solo di Forza Italia, ma anche del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Proprio quest’ultimo, il giorno del suo insediamento a via Arenula, affermò di aver “concordato continuità anche di colloqui” con Cartabia, “perché – come detto in tempi non sospetti – la direzione che aveva assunto nelle riforme era secondo me quella giusta”.
L'editoriale del direttore