Attentati, bombe e istigazioni: il non detto sull'anarchico Cospito

Ermes Antonucci

Diversi commentatori hanno criticato l'applicazione del regime di carcere duro all'anarchico condannato in via definitiva per attentati e strage politica. Per i giudici di sorveglianza, però, Cospito ha inviato all'esterno inviti a compiere atti terroristici

Andrebbe raccontata per intero la vicenda di Alfredo Cospito, l’anarchico recluso nel carcere di Sassari e in sciopero della fame da due mesi per protestare contro il regime di carcere duro (41-bis) cui è sottoposto. Nelle ultime settimane, diversi commentatori hanno criticato l’applicazione del regime del 41-bis nei confronti di Cospito, affermando che si tratta di una misura sproporzionata, anche perché rivolta nei confronti di una persona che non ha mai ammazzato nessuno. Prima di tutto andrebbe precisato che se Cospito non ha ammazzato nessuno è solo stato per puro caso.

 

Dopo essere stato condannato in via definitiva a una pena di 12 anni e 3 mesi per attentati con finalità terroristiche o di eversione (tra cui la gambizzazione dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, nel 2012 a Genova) e altri reati, lo scorso maggio Cospito è stato condannato in via definitiva per una serie di altri attentati aventi finalità terroristica o di eversione (in particolare l’invio di ordigni e plichi esplosivi contro politici, giornalisti e forze dell’ordine) e per il reato di strage politica. Il reato di strage politica si riferisce a un attentato con due bombe realizzato da Cospito alla caserma dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, nel 2006, insieme alla sua compagna Anna Beniamino. L’attentato non causò morti né feriti, ma il reato di strage politica non fa differenza tra azione riuscita e tentata: “Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello stato o in una parte di esso è punito con l’ergastolo”, stabilisce l’articolo 285 del codice penale.

 

Soprattutto, occorre ricordare la particolare strategia terroristica utilizzata da Cospito e Beniamino per compiere l’attentato. La corte di Cassazione ha infatti evidenziato “il consapevole utilizzo da parte degli agenti della cosiddetta tecnica del richiamo, consistente nel far esplodere un ordigno di ridotta potenzialità offensiva per attirare sul posto militari o soccorritori, con l’intento di attingere questi ultimi con un secondo e più potente ordigno collocato a breve distanza e programmato per esplodere dopo un lasso di tempo sufficiente ad assicurare la presenza sul posto degli obiettivi prefissati”. In seguito alla riqualificazione del reato, la corte d’appello di Torino è stata chiamata a rideterminare la pena nei confronti di Cospito.

 

Il secondo aspetto che andrebbe ricordato riguarda il motivo per il quale dallo scorso maggio, con un decreto ministeriale firmato dall’allora Guardasigilli (ed ex presidente della Corte costituzionale) Marta Cartabia, a Cospito è stato applicato il regime detentivo speciale 41-bis. La ragione – come si legge nella decisione del tribunale di sorveglianza di Roma, che ha respinto il ricorso dei legali dell’anarchico – è che Cospito è risultato “in grado di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell’organizzazione eversiva di appartenenza”, la Federazione anarchica informale (Fai), della quale è stato riconosciuto capo e organizzatore: “Le comunicazioni di Cospito con le realtà anarchiche all’esterno del circuito carcerario appaiono assidue e producono l’effetto di contribuire a identificare obiettivi strategici e a stimolare azioni dirette di attacco alle istituzioni”.

 

Come evidenziato dai giudici di sorveglianza, infatti, in diversi casi i messaggi veicolati da Cospito all’esterno risultano essere dei veri e propri inviti a compiere atti terroristici. In uno scritto, ad esempio, Cospito esalta l’efficacia di “azioni che mettono in pericolo la vita degli uomini e donne del potere”. In un altro esprime la sua approvazione per un attacco esplosivo contro una stazione dei carabinieri. In un altro ancora rimarca il contributo reso dalla Fai attraverso le azioni “sempre più oggettivamente violente”. Da qui l’esigenza di interrompere qualsiasi contatto tra Cospito e l’esterno.

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