L'amnesia del Pd su Legnini e il Csm del sistema Palamara
Per i vertici dem la rimozione del commissario alla ricostruzione è "contro il merito". Ma ci si dimentica di quanto emerso dallo scandalo sulle nomine spartite tra le correnti al Csm, proprio quando Legnini era vicepresidente
Un gigantesco vuoto di memoria, chiamiamolo così, sembra aver colpito i vertici del Partito democratico attorno alla vicenda della sostituzione di Giovanni Legnini come commissario per le aree terremotate nel centro Italia. Il governo Meloni ha deciso di sostituire Legnini con Guido Castelli, senatore di Fratelli d’Italia ed ex assessore della regione Marche, e contro questa nomina si è scagliato tutto il Pd. “Che brutto segnale. Lo spoil system applicato dal governo alla gestione del post terremoto è una pessima scelta”, ha affermato il segretario dem Enrico Letta. Irene Tinagli, vicesegretaria del Pd, ha inserito Legnini tra i “tecnici di altissimo profilo” colpiti dal governo. In una nota, il partito ha parlato di “assalto all’amministrazione dello stato, con buona pace del merito”.
Il vuoto di memoria riguarda in primo luogo la carriera di Legnini: sindaco, poi parlamentare per quattro legislature (nelle file dei Ds-Pd), sottosegretario di stato, vicepresidente del Csm, aspirante governatore dell’Abruzzo e infine commissario per la ricostruzione post-sisma 2016. Altro che tecnico, piuttosto un politico che ha sempre saputo cambiare pelle al momento giusto.
Ma l’amnesia più importante riguarda proprio l’operato svolto da Legnini durante uno dei suoi incarichi più importanti, quello di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura dal 2014 al 2018. Furono quelli, infatti, gli anni del trionfo del cosiddetto “sistema Palamara”, quello della spartizione delle nomine di vertice degli uffici giudiziari tra le varie correnti della magistratura, poi emerso con lo scandalo del 2019. Non che prima ciò non avvenisse, ma fu proprio durante la consiliatura guidata da Legnini che questo sistema si espanse in modo incontrollato, anche in virtù della riforma del 2014 che abbassò l’età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni, costringendo il Csm a effettuare oltre mille nomine.
Per svolgere questo numero spaventoso di nomine, il Csm approvò il Testo unico sulla dirigenza, contenente nuove regole in materia di conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi. Un’autoriforma che, a detta di Legnini, avrebbe garantito “maggiore certezza, linearità e prevedibilità nelle procedure consiliari per l’assegnazione dei ruoli apicali”, ma che – in virtù delle sue disposizioni contorte – finì per conferire ancora più potere alle correnti.
In questo contesto si inserì lo stretto legame tra Legnini e Palamara. “Con me ha condiviso ogni passo, ogni singola nomina, tutte le strategie e la linea politica”, scriverà il magistrato (poi radiato) nel suo libro riferendosi a Legnini. Un rapporto di vicinanza confermato anche dai contenuti delle chat intercettate nello smartphone di Palamara, poi finito a processo con l’accusa di corruzione. Nell’agosto 2018, ad esempio, il vicepresidente Legnini contattò Palamara per spingerlo a una presa di posizione della sua corrente (Unicost) contro il blocco dello sbarco della nave Diciotti a Catania disposto dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. L’insolita richiesta di Legnini venne puntualmente soddisfatta da Palamara.
Ancor più imbarazzante risulta essere il contenuto di un interrogatorio reso ai pm perugini da Massimo Forciniti, ex membro del Csm e collega di corrente di Palamara. Il 22 giugno 2018, quando la consiliatura stava per chiudersi, Forciniti inviò un messaggio a Palamara: “Grazie al tuo avallo, in questa consiliatura molte cose sono state decise da vicepresidente cerchio magico, non nelle sedi proprie”. Chiamato a chiarire il significato del messaggio, Forciniti ha dichiarato: “Avevo l’impressione che Palamara, assieme al vicepresidente e altri consiglieri, laici e togati, cercassero di orientare l’attività del Csm”. Del “cerchio magico” avrebbero fatto parte “oltre a Palamara e Legnini, i consiglieri Fracassi, Balducci e Fanfani”. Non è chiaro se siano questi i “meriti” di Legnini.