contro le false verità
L'arresto di Messina Denaro è un duro colpo per la mafia. Ma anche per il circo mediatico-giudiziario
Sono trent’anni che una certa parte dell'informazione, ostaggio di una incessante trattativa fra giornalisti e magistrati, accusa lo stato di essere colluso. E sono trent’anni, invece, che lo stato non perde occasione, come ieri, di tagliare sempre più tentacoli a un mostro osceno di nome Cosa nostra
Ha vinto l’Antimafia dei fatti, ha perso l’antimafia delle chiacchiere. Sono trent’anni che il circo mediatico-giudiziario accusa lo stato di essere colluso con la mafia. Sono trent’anni che il circo mediatico-giudiziario accusa i partiti, soprattutto quello di destra, di essere in trattativa con la mafia. Sono trent’anni che il circo mediatico-giudiziario accusa i Carabinieri del Ros di essere i terminali della suddetta trattativa. E sono trent’anni che l’antimafia delle chiacchiere tenta con successo di affermare una falsa verità smentita ieri ancora una volta dall’Antimafia dei fatti con l’arresto di Matteo Messina Denaro dopo trent’anni di latitanza.
E la falsa verità è quella che purtroppo abbiamo tutti nelle nostre orecchie. La mafia è ovunque. La mafia imperversa. La mafia sta vincendo. La mafia non si ferma. E la vera ragione per cui da anni si è fermata la stagione delle stragi e dei delitti eccellenti non è legata al fatto che la cupola stragista e sanguinaria sia stata sgominata dall’iniziativa dello stato ma deriva dal fatto che da trent’anni lo stato ha intessuto con Cosa nostra un patto indicibile grazie al quale la mafia comanda l’Italia senza dare troppo nell’occhio.
Sono trent’anni che il circo mediatico-giudiziario accusa lo stato di essere colluso con la mafia e sono trent’anni che lo stato dimostra con la forza dei fatti che lo stato colluso con la mafia non fa altro da trent’anni che smantellare colpo su colpo ciò che resta di Cosa nostra. E così l’arresto di Matteo Messina Denaro arriva trent’anni dopo l’arresto di Totò Riina. Arresto che arrivò nello stesso anno della cattura di Nitto Santapaola. Arresto che seguì la cattura dei fratelli Graviano. Arresto che precedette la cattura di Leoluca Bagarella e di Giovanni Brusca. E poi, ancora, Bernardo Provenzano, Salvatore Lo Piccolo, Gianni Nicchi e tutti gli altri boss arrestati tra il 2005 e il 2016 nell’ambito di alcune grandi operazioni passate alla storia (nel 2005, l’operazione Grande mandamento ha portato in carcere 49 mafiosi, nel 2008 l’operazione “Perseo” ha portato in carcere altri 79 mafiosi, nel 2016 l’operazione Villagrazia, borgata ad altissima densità mafiosa, ha portato all’arresto di altri 62 mafiosi).
Sono trent’anni che lo stato ha dimostrato di essere più forte della mafia e sono trent’anni che i professionisti dell’antimafia tendono a descrivere coloro che la mafia sono riusciti a sconfiggerla come se questi fossero dei criminali pericolosi corrotti dal potere della malavita. I Carabinieri che arrestano i mafiosi sbagliano perché quei boss si potevano arrestare prima. Lo stato che demolisce le cosche sbaglia perché le cosche hanno avuto il tempo di prosperare. E la mafia che non spara più come un tempo non è un segno di uno stato che vince ma è ovviamente il segno che la mafia è più forte. Sono trent’anni che lo stato, e la politica di ogni colore, ottiene risultati contro la mafia e sono trent’anni che il circo mediatico-giudiziario non perde occasione per dire che la mafia è più forte che mai per colpa anche della politica, soprattutto quella di destra, che con la mafia, come ci raccontano alcuni talk-show da trent’anni, è collusa fino al midollo. Sarebbe ovviamente da sciocchi credere che l’arresto di Matteo Messina Denaro possa avere una qualche forma di colore politico.
Ma sarebbe altrettanto da sciocchi non accorgersi di quanta demagogia tossica vi sia nelle parole di chi periodicamente, come il compagno Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo, ora senatore del M5s, tende ad associare la traiettoria del centrodestra con quella della criminalità. E’ anche grazie al centrodestra che oggi lo stato ha la possibilità di avere un 41 bis più stabile di un tempo ed è anche grazie al centrodestra che lo stato oggi ha a disposizione un sistema che permette l’estensione del sequestro e della confisca dei beni mafiosi o di provenienza illecita. Il nostro amato Massimo Bordin, nel maggio del 2017, sulle pagine di questo giornale ragionò sul tema dell’antimafia con la memoria corta e offrì una considerazione che vale la pena di riproporre. La mafia, ricordò Bordin, resta ovviamente un grave problema per l’Italia, ma se si finisce per essere tacciati di “negazionismo” quando se ne segnalano le sconfitte vuol dire molto semplicemente che l’antimafia della fuffa e delle chiacchiere ha cominciato a pesare nell’opinione pubblica più dell’Antimafia dei fatti e degli arresti.
E se c’è un negazionismo vero, oggi in Italia, quando si parla di giustizia, il negazionismo è quello di chi di fronte a un arresto eclatante, come quello di Matteo Messina Denaro, pensa a un modo per negare l’evidenza piuttosto che a riconoscerla. Sono trent’anni che il circo mediatico-giudiziario, ostaggio di una incessante trattativa fra giornalisti e magistrati, accusa lo stato di essere colluso con la mafia. E sono trent’anni, invece, che lo stato accusato di essere colluso con la mafia non perde occasione, come ieri, di tagliare sempre più tentacoli a un mostro osceno di nome Cosa nostra. Ha vinto l’Antimafia dei fatti, ha perso l’antimafia delle chiacchiere.
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