Foto di Francesco Ammendola, via Ansa 

rivelazioni contro tendenza

L'Italia è un paese sicuro. La Cassazione mostra super dati e smentisce i luoghi comuni

Claudio Cerasa

Siamo una tra le nazioni con più sicurezza in Europa. Pietro Curzio, Primo presidente della Corte di Cassazione, delinea questo scenario all'inaugurazione dell'anno giudiziario. E offre ai cronisti una scelta: smontare le false emergenze o continuare ad alimentarle

Che cosa pensereste se vi dicessero che l’Italia è uno dei paesi più sicuri d’Europa? Pensereste che chi ve lo sta dicendo ha bevuto un bicchiere di troppo. Che cosa pensereste se vi dicessero che le morti sul lavoro in Italia stanno diminuendo? Pensereste che chi ve lo sta dicendo è un prezzolato pagato dai poteri forti. Che cosa pensereste se vi dicessero che la giustizia italiana va a rilento, sì, ma ogni anno va sempre meno a rilento? Pensereste che chi ve lo sta dicendo meriterebbe di essere trattato come un Fedez che ride parlando di Emanuela Orlandi.

 

E invece, signore e signori, è tutto vero ed è tutto contenuto in una incredibile relazione di trecentodieci pagine presentata ieri dal Primo presidente della Corte di cassazione, Pietro Curzio, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Una relazione che smentisce una serie di clamorosi luoghi comuni a cui ci hanno abituato negli ultimi anni i grandi giornali e i grandi telegiornali, che in assenza di notizie più sfiziose hanno spesso scelto di rappresentare l’Italia per quello che non è: un Far West invivibile, ostaggio di criminali, assediato dalla malavita, impotente sulle morti sul lavoro, indifferente sulla tragedia dei femminicidi e incapace di dare segnali di resilienza, scusate la parola, quando si parla di giustizia.

 

E invece, scorrendo la relazione del presidente della Cassazione, si scopre che le differenze tra l’Italia percepita e quella reale sono molte, sono sorprendenti e sono interessanti. Si scopre, per esempio, che nel corso degli anni Novanta, in Italia, ogni anno venivano uccise circa 1.900 persone, soprattutto a causa degli atti compiuti dalla criminalità organizzata, e che ora invece gli omicidi si attestano intorno a un numero sempre alto, certo, ma lontano anni luce dagli anni Novanta. Nel 2022 gli omicidi sono stati 310, in linea tutto sommato con l’anno precedente (304) e meno dell’anno precedente alla pandemia (nel 2019 furono 315).

 

Non solo. Con orgoglio, la Cassazione dice anche che nel corso degli ultimi trent’anni l’accertamento dell’autore del suddetto reato è passato dal 40 per cento degli anni 90 al 73 per cento del 2016 e il dato, dice Curzio, “in base alle rilevazioni in corso, tende ulteriormente a crescere”. Si scopre questo ma si scopre anche che questi dati fanno dell’Italia, dice sempre la Cassazione, uno “tra i paesi più sicuri in Europa e a fortiori nel mondo”. Si scopre questo. Ma si scopre anche molto altro. Si scopre, per esempio, che gli omicidi in cui sono coinvolte donne sono ancora moltissimi (118 nel 2020, 199 nel 2021, 124 nel 2022) ma sono meno della metà degli omicidi che si registrano ogni anno (mentre gli omicidi volontari consumati in ambito famigliare coinvolgono in sette casi su dieci una donna).

 

E si scopre, infine, che le denunce che riguardano gli infortuni sul lavoro sono aumentate nel 2022 (del 32,9 per cento) ma quelle che riguardano esiti mortali per fortuna stanno iniziando a diminuire (del 13,2 per cento, nel 2022, come riportato dall’ultimo rapporto Inail). Si scopre questo e infine si scopre anche che nel disastrato mondo della giustizia qualcosa finalmente si sta muovendo, anche sui tempi dei processi. Riguardo al 2021, sono risultati inferiori rispetto all’anno prima il numero dei procedimenti civili pendenti (meno 7,2 per cento), il numero dei procedimenti tributari pendenti (meno 10,1 per cento), il numero dei procedimenti penali pendenti (meno 4,5 per cento).

 

E persino i dati relativi alla durata media del giudizio di appello, attualmente 815 giorni, che dovrà ridursi a 601 giorni entro il 2026 per soddisfare gli impegni assunti con l’Ue, sono inferiori di 150 giorni rispetto al precedente anno giudiziario. La giustizia in Italia è lontana dall’essere un modello, lo sappiamo, ma i dati della Cassazione offrono ai giornalisti la possibilità di fare una scelta: dare un contributo per smontare le false emergenze, la descrizione quotidiana dell’Italia come un nuovo Far West, o continuare a fottersene della realtà e dare il proprio contributo per aiutare a descrivere l’Italia per quello che non è. A voi la scelta.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.