L'intervista
L'ex attaccante della Juve Padovano assolto dopo 17 anni: “Ho subito il pregiudizio di tutti"
La corte d’appello di Torino ha assolto l’ex calciatore dall’accusa di traffico di droga. A causa dell’inchiesta, Padovano ha trascorso tre mesi in carcere e nove ai domiciliari, mentre suo padre è morto. Al Foglio racconta il suo calvario: "Scrissero che avevo ceduto droga a Vialli. Ma vi rendete conto?"
"E’ un’emozione veramente molto forte. Io e la mia famiglia abbiamo smesso di piangere poco fa, perché era una notizia che aspettavamo da tempo. Dopo 17 anni finalmente abbiamo rivisto la luce. E le assicuro che 17 anni, sapendoti innocente, sono tanti”. E’ con queste parole che, intervistato dal Foglio, Michele Padovano, ex calciatore della Juventus e della Nazionale italiana, commenta la sentenza con cui è stato assolto dalla corte d’appello di Torino dall’accusa di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
L’ex attaccante simbolo della Juventus campione d’Europa nel 1996, con un passato anche nella Reggiana e nel Genoa, venne arrestato nel 2006 con l’accusa di aver prestato soldi a un suo amico, ritenuto capo di un gruppo dedito al traffico internazionale di droga. In primo grado Padovano venne condannato alla pena di 8 anni e 8 mesi di reclusione, ridotti a 6 anni e 8 mesi in appello. Nel gennaio 2021 la Cassazione annullò le condanne, disponendo un nuovo giudizio d’appello, giunto ieri a distanza di 17 anni dall’arresto: assoluzione.
“Venni arrestato il 10 maggio 2006 – racconta Padovano, assistito al processo dagli avvocati Michele Galasso e Giacomo Francini -. Un arresto in flagranza, con tre macchine della polizia, nove persone, le manette ai polsi. In quel frangente sinceramente pensai di essere su ‘Scherzi a parte’. Poi col passare dei minuti mi sono reso conto che non era uno scherzo. Mi portarono prima in caserma, poi al carcere di Cuneo, dove stetti per dieci giorni in isolamento. Poi da lì mi trasferirono nel carcere di Bergamo, reparto speciale. Ci sono rimasto altri due mesi e mezzo, per un totale di tre mesi di carcere”. Poi ci furono i domiciliari. “In seguito ci furono nove mesi di arresti domiciliari e altri tre mesi di obbligo di firma presso la caserma dei Carabinieri”.
Il coinvolgimento nella vicenda di Padovano si basò su un prestito fatto a un amico di infanzia, poi coinvolto nell’operazione antidroga: “Non ho mai rinnegato l’amicizia con questa persona e non la rinnego certo adesso – spiega Padovano – Gli feci un prestito in maniera molto tranquilla, perché mi venne motivata: gli servivano soldi per comprare dei cavalli. Noi al processo abbiamo dimostrato che l’acquisto dei cavalli avvenne. Ma sia in tribunale che in appello non siamo stati creduti. Ci sono serviti 17 anni”.
La vicenda, nel frattempo, ha avuto pesanti ripercussioni sulla vita dell’ex calciatore. “A livello sociale ho percepito il pregiudizio di tutti, ma sono sempre stato molto fermo nei miei atteggiamenti e consapevole del fatto che ero innocente. Ho avuto la fortuna di avere vicino a me la mia famiglia, in primis mia moglie e mio figlio, che hanno sempre creduto in me. Mi sono sempre di più avvicinato ai valori quelli veri e sinceri della vita. Non ho più voglia di rapporti superficiali e leggeri. Purtroppo ho perso mio padre, che proprio in quell’occasione si ammalò di tumore ed è morto un anno e mezzo dopo. Sicuramente la ‘botta’ di avere un figlio che viene trattato come un trafficante di droga non lo ha aiutato”.
Ci sono poi i danni causati dall’inchiesta sul piano professionale. “La mia carriera è stata distrutta – afferma Padovano –. All’epoca avevo molte proprietà, un lavoro che mi permetteva di essere in rampa di lancio per una carriera importante da dirigente. Ma quando ti succede una cosa del genere ti voltano tutti le spalle. Non colpevolizzo nessuno, anche se io nei confronti di un mio ex collega mi sarei comportato diversamente. È andata così, da oggi mi devo riprendere in mano ciò che mi è stato tolto con tanta forza”.
All’epoca uno dei principali quotidiani italiani riportò la notizia dell’indagine con questo titolo: “Ex juventino in carcere per traffico di hashish. ‘Cocaina ceduta a Vialli’”. Un articolo che, alla luce della recente scomparsa del compagno di squadra nel club bianconero, oggi colpisce nel profondo Padovano: “Ma vi rendete conto? Pazzesco… Provo tanta amarezza, perché era una falsità sotto tutti i punti di vista, come poi è emerso anche a livello processuale. Non c’entravo niente io, figuriamoci Vialli. Lui poi è stato uno dei pochissimi a starmi sempre vicino durante questa vicenda giudiziaria. Di Gianluca ho un ricordo meraviglioso e non c’è giorno in cui io non gli dedichi un pensiero”.