Foto di Andrew Medichini, AP Photo, via LaPresse 

l'intervista

“Difficile non considerare Berlusconi una vittima del sistema”, dice il giudice Cioffi

Annalisa Chirico

"Il Cav. non è mai stato giuridicamente colpevole in relazione a questa vicenda e deve essere considerato assolutamente e pienamente innocente", dice il magistrato. Ma un aspetto da tenere in conto è che la decisione di assoluzione non è ancora definitiva 

Dottor Giuseppe Cioffi, ci risponda da magistrato: ma un cittadino che vede una persona inseguita dai processi per sei anni e poi assolta fa bene ad avere paura della giustizia italiana? “Che ci sia poca fiducia nel comparto giudiziario è da tempo un fatto acclarato, sicuramente per i tempi di durata dei processi e le soluzioni spesso affidate a campagne di stampa, se coinvolti personaggi pubblici. Non parlerei di paura, ma disaffezione nella macchina giudiziaria e perdita di autorevolezza della istituzione. Il tutto mal gestito dalla politica che ha inteso la giurisdizione o ancor più l’apparato investigativo affidato al pubblico ministero come terreno di scontro tra aree ideologiche”.

 

Risponde così al Foglio il giudice del tribunale di Napoli nord, dottor Cioffi, che a proposito della vicenda Ruby si astiene da “spiegazioni tecniche”, mancano le motivazioni, certo, ma alcune riflessioni non le risparmia all’intera corporazione togata: “Difficile non considerarlo una vittima del sistema, in buona compagnia con centinaia di migliaia di cittadini che attendono anni prima di veder riconosciute le loro ragioni difensive”. Berlusconi ha potuto contare su avvocati infallibili, più bravi degli accusatori, o semplicemente era innocente? L’assoluzione è stata espressa con la formula più ampia, perché il fatto non sussiste. “Nel nostro ordinamento vige il principio di presunzione di innocenza per cui un imputato va considerato innocente fino alla pronuncia di una eventuale sentenza di condanna definitiva. Di conseguenza, Berlusconi non è mai stato giuridicamente colpevole in relazione a questa vicenda e deve essere considerato assolutamente e pienamente innocente”.

 

Alla procura di Milano farebbero bene a nascondersi? Dopo la debacle con plurime inchieste contro Eni, arriva un’altra scoppola. “La giustizia è fatta di uomini e, come tale, è fallibile. Inoltre è statisticamente impossibile che tutte le indagini iniziate conducano a una sentenza di condanna. Per altro verso, il nostro sistema prevede dei meccanismi per accertare eventuali responsabilità dei magistrati, anche in sede disciplinare. Si può discutere, a livello generale, della possibilità di inasprire le norme in tema di responsabilità dei magistrati e personalmente credo che sia da valutare una separazione delle carriere tra giudici e pm per assicurare un’impronta maggiormente garantistica al sistema della giustizia penale”.

 

C’è anche un tema democratico nel caso di Berlusconi. La vicenda Ruby, al principio, fu destabilizzante per il quadro politico che porto poi alle dimissioni del Cavaliere. Esiste un cortocircuito tra politica e giustizia? “Direi che il rischio di un corto circuito tra politica e giustizia è connaturato a tutte le democrazie perché è inevitabile che le vicende giudiziarie riguardanti leader politici finiscano per avere conseguenze sull’opinione pubblica. In Italia, però, questo problema ha dei particolari aspetti di gravità perché nel nostro sistema non sono infrequenti le divulgazioni illecite di atti di indagine e perché i tempi processuali per addivenire ad una sentenza definitiva sono estremamente lunghi”.

 

Intanto il sistema ha impiegato tempo e risorse per perseguire decine di persone, per investigazioni a tappeto, intercettazioni a strascico, e Berlusconi ne esce da vittima. Vittima del sistema? “Quanto alla formula assolutoria si può prendere atto che è insita una sostanziale smentita dell’impianto accusatorio anche se non si sa ancora se è stato considerato l’impianto probatorio inadeguato, insufficiente ovvero inidoneo a superare il vaglio della ragionevolezza del dubbio. Altro aspetto da tenere il conto è che si tratta di una decisione non ancora definitiva e irrevocabile e che nei tribunali di tutta Italia vi è una media del 40 per cento dei processi che in primo grado giunge a una pronuncia di affermazione di responsabilità”. 

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