giustizia bresciana

Ardita contro Davigo: “Fece circolare pattumiera contro di me”

Ermes Antonucci

Le parole dell'ex membro del Csm, Sebastiano Ardita, contro l'ex pm di Mani pulite, sotto processo per rivelazione di segreto d'ufficio: "Aveva capito perfettamente che le dichiarazioni di Amara erano false"

"Davigo fece circolare pattumiera senza fondamento contro di me al Csm". Dopo mesi di attesa, ieri Sebastiano Ardita ha avuto finalmente la possibilità di deporre al processo in corso a Brescia a carico dell’ex consigliere del Csm, Piercamillo Davigo, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio per la vicenda dei verbali di Amara. Nella primavera del 2020, Davigo si fece consegnare dal pm milanese Paolo Storari, che lamentava l’inerzia dei suoi dirigenti, i verbali secretati degli interrogatori resi dall’avvocato Piero Amara relativi alla fantomatica “loggia Ungheria”, ritenuta capace di condizionare le istituzioni. Anziché adottare le dovute cautele nei confronti di dichiarazioni rese da un noto mistificatore (poi rivelatesi puntualmente infondate), Davigo decise di farsi consegnare i verbali secretati e di rivelarne il contenuto a vari membri del Csm e anche a un politico come il presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra. Tutto ciò per isolare il suo ex amico e compagno di corrente Sebastiano Ardita, che da Amara veniva indicato come appartenente alla presunta loggia.

 

Deponendo come parte civile al processo in corso a Brescia, Ardita ha ripercorso le tappe che hanno portato alla rottura dei rapporti con Davigo, accusandolo di aver diffuso al Csm documenti che non solo erano coperti da segreto investigativo, ma risultavano anche palesemente infondati: “Contenevano dichiarazioni sgangherate, che non avevano nulla a che fare con la mia persona. Erano cose appiccicate da chi sente qualcosa e mette insieme”. Ardita ha raccontato di essere stato inserito da Amara nella lista degli affiliati alla loggia come “vendetta” per le indagini che lui stesso aveva compiuto in passato nei confronti dell’ex legale esterno di Eni come procuratore aggiunto a Messina e Catania (dove Amara venne arrestato nel 2018). 

 

Anziché difendere l’onorabilità del suo collega, Davigo decise di alimentare l’opera di delegittimazione di Ardita all’interno del Csm, arrivando a consegnare copie dei verbali secretati a svariati consiglieri. Ardita ha detto che Davigo non solo “aveva capito perfettamente che le dichiarazioni di Amara erano false” ma che era stato informato nel febbraio 2020 del loro contenuto (cioè prima di ricevere i documenti da Storari ad aprile), così mantenendo in piedi il giallo sulle modalità con cui Davigo sia effettivamente venuto a conoscenza dei verbali. Ardita ha anche precisato che, qualora il plico con i verbali fosse stato inviato in modo corretto al Csm, “il comitato di presidenza lo avrebbe richiuso e mandato indietro”, perché non ha “mai visto il Consiglio ricevere carte di indagini coperte dal segreto”.

 

Chi non si fece scrupoli a ricevere copia dei verbali secretati fu l’allora consigliere del Csm, Giuseppe Marra, sentito ieri al processo come teste assistito. Marra ha raccontato che nel giugno 2020 Davigo lo informò sul caso Storari e sull’esistenza di una presunta loggia, di cui facevano parte anche due componenti del Csm, Ardita e Mancinetti. “Mi informò perché io avevo rapporti di amicizia con il consigliere Ardita. Mi disse: ‘Fai attenzione alle comunicazioni con Ardita’”, ha riferito Marra, confermando l’opera di isolamento messa in piedi da Davigo nei confronti di Ardita.

 

Ma ciò che più risulta incredibile è l’ammissione fatta da Marra subito dopo: “Due o tre settimane dopo che Davigo lasciò il Csm in pensione (a fine ottobre 2020 nda), io distrussi i verbali. Distrussi quei verbali perché scottavano. Non avevo ragione di conservarli. Erano cose che preferivo non avere. Li ho strappati, li ho messi una busta grande e li ho buttati in un cassonetto della carta”. Per questo fatto Marra ha un procedimento aperto a Roma per omessa denuncia e soppressione di corpo del reato. La distruzione avvenne dopo la perquisizione a carico della segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto, che ieri si è avvalsa della facoltà di non rispondere in quanto anche lei indagata a Roma per la vicenda dei verbali.

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