giustizia
Incarcerato e assolto dopo cinque anni. Il calvario dell'ex giudice Perillo
L'ex magistrato Gerardo Perillo racconta il caso di malagiustizia di cui è stato vittima. Otto mesi di custodia cautelare, quattro anni di processo, poi l'assoluzione. "Necessaria una riflessione sullo stato della giustizia italiana", dice
"E’ finito un incubo, ma questa mia vicenda dovrebbe portare a quale riflessione su come funziona la giustizia italiana. Per cinque anni sono stato trattato come un pericoloso criminale". Così, intervistato dal Foglio, l’ex giudice Gerardo Perillo, commenta l’assoluzione ottenuta la scorsa settimana dal tribunale di Monza dalle accuse di associazione a delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta fraudolenta. Perillo, originario della Campania, è stato magistrato per 33 anni, di cui 28 trascorsi proprio al tribunale di Monza, in particolare nella sezione fallimentare. Nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera, si è ritrovato a lavorare con toghe del calibro di Vittorio Occorsio e Giovanni Falcone. Mai avrebbe immaginato che, una volta andato in pensione nel 2007, ben presto si sarebbe ritrovato vittima di un incredibile caso di malagiustizia.
“La mattina del 21 maggio 2018 sono arrestato da quattro sottufficiali della Guardia di Finanza, neanche fossi Totò Riina”, racconta Perillo, che dopo la pensione aveva svolto l’attività di avvocato, entrando in contatto con colui che lo avrebbe trascinato nell’“incubo”: il costruttore Giuseppe Malaspina, a capo di un impero immobiliare dal valore di centinaia di milioni, poi fallito. “Nel 2014 Malaspina mi chiese di analizzare la situazione finanziaria delle sue società – spiega Perillo – Elaborai una relazione in cui elencavo tutte le possibilità di risoluzione dei problemi. Soltanto in una riunione successiva, venni informato che alcune società del gruppo avevano ceduto dei crediti a un corrispettivo inferiore al loro reale valore. Appena lo appresi commentai che così si rischiava anche il penale”.
Nonostante le intercettazioni dimostrassero l’estraneità di Perillo, l’ex magistrato venne arrestato con l’accusa di aver istigato e avallato la cessione dei crediti. “Mi sono ritrovato nella posizione di una persona che viene informata di circostanze già avvenute, ma che viene accusata di aver ‘istigato’ e ‘avallato’. Tra l’altro due concetti che anche in termini giuridici sono tra loro in contraddizione”.
A causa dell’inchiesta, Perillo subì l’onta di trascorrere 50 giorni in carcere e altri sei mesi agli arresti domiciliari. “Può immaginare come si può sentire uno che per tutta la vita ha fatto il magistrato a stare in carcere. E’ stata una situazione abnorme, folle”, confida l’ex giudice. C’è un episodio particolare, però, che ha segnato la detenzione di Perillo: “Mentre gli altri soggetti coimputati nello stesso procedimento vennero ascoltati per l’interrogatorio di garanzia dal gip in carcere, io venni portato in manette nel tribunale dove avevo esercitato per ventotto anni. Fu un’umiliazione”.
A tutto ciò si è aggiunto un processo di primo grado durato la bellezza di quattro anni. “Avevo chiesto di essere giudicato con rito immediato, ma ciò, pur essendomi stato formalmente concesso, mi è stato in concreto impedito perché il mio giudizio immediato è stato fissato per lo stesso giorno e innanzi allo stesso collegio degli altri coimputati, comportando la riunione dei due processi. Così, io mi sono dovuto sorbire quattro anni di dibattimento, nonostante la mia posizione avrebbe potuto essere chiarita nell’arco di qualche mese”, dice Perillo.
Pochi giorni fa per Perillo, difeso dagli avvocati Giovanni Santi Alessandrello e Maurizio Bono, è arrivata l’assoluzione piena (la procura di Monza aveva chiesto una condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione). Inevitabile per l’ex magistrato una riflessione sui mali della giustizia italiana: “Mi risulta che ogni giorno in Italia tre persone vengono arrestate e poi assolte. Parliamo di più di mille persone all’anno. Mi risulta anche che oltre la metà dei processi si conclude con l’assoluzione. Tutto ciò dovrebbe indurre a porci qualche domanda sullo stato della giustizia. E parlo da cittadino, non da arrestato, imputato e assolto”.
La disputa dei paesi sicuri