Partiti in stallo sulla nomina dei laici delle magistrature speciali

Ermes Antonucci

Le pretese di FdI fanno slittare l’elezione dei membri laici dei Consigli di presidenza della giustizia tributaria, della Corte dei conti e del Consiglio di stato. Sul nuovo “Csm” tributario, intanto, scoppia il caso Atelli

Continua lo stallo tra i partiti sulla nomina dei membri laici dei Consigli di presidenza della giustizia tributaria, della Corte dei conti e del Consiglio di stato. I Consigli di presidenza costituiscono in sostanza gli organi di governo autonomo delle magistrature speciali, come il Csm lo è per la magistratura ordinaria. Per ciascun organo il Parlamento è chiamato a eleggere quattro componenti (due dalla Camera e due dal Senato). Ecco dunque la necessità di ripartire le 12 nomine tra i vari partiti, come successo con l’elezione dei laici al Csm. Anche in questo caso a complicare la partita è Fratelli d’Italia. Secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, il partito di Meloni avrebbe infatti proposto alle opposizioni la possibilità di nominare tre laici, mentre gli altri nove spetterebbero alla maggioranza. Una ripartizione ritenuta sbilanciata, soprattutto dal Pd, ma anche tra i partiti di maggioranza mancherebbe un accordo. Da qui lo stallo, con la conseguenza che gli attuali Consigli di presidenza continuano a operare in regime di prorogatio.

 

Un problema in più si pone per la giustizia tributaria, oggetto di una riforma approvata agli sgoccioli della scorsa legislatura e voluta dall’allora ministra Marta Cartabia. La riforma ha previsto la professionalizzazione dei giudici tributari, da reclutare tramite concorso. E’ stata però offerta la possibilità per 100 degli attuali giudici togati di transitare definitivamente alla giustizia tributaria. Il bando, tuttavia, ha generato scarso appeal: solo 37 magistrati hanno presentato domanda. Di questi, 32 sono magistrati ordinari, tre sono magistrati amministrativi, uno contabile e uno militare. I magistrati che transiteranno alla giustizia tributaria avranno quattro rappresentanti al plenum del Consiglio di presidenza (Cpgt), uno per ogni giurisdizione di provenienza.

 

La “circostanza originale”, come l’ha definita Antonio Leone, presidente del Cpgt, all’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario, è che i magistrati tributari provenienti dalla giustizia militare e contabile, essendo gli unici in corsa, andranno automaticamente a far parte del Cpgt. “In altri termini saranno nominati e non votati!”, ha denunciato Leone. I due fortunati sono Massimiliano Atelli (magistrato contabile) e Mariateresa Poli (magistrata militare). E qui emerge un ulteriore problema.

 

Atelli, infatti, riveste attualmente l’incarico di capo di gabinetto del ministro dello Sport, Andrea Abodi. La sua elezione obbligata al plenum del Cpgt creerebbe una situazione piuttosto paradossale: Atelli si ritroverebbe a svolgere sia il ruolo di consigliere dell’organo deputato alla tutela dell’indipendenza dei giudici tributari, sia a lavorare in diretta collaborazione con un ministro del governo.

 

La permanenza di Atelli in entrambi i ruoli sarebbe permessa se venisse approvato un emendamento presentato (casualmente?) da un gruppo di senatori di FdI al decreto legge sul Pnrr. L’emendamento, che sarà esaminato martedì in commissione Bilancio, recita: “In sede di prima applicazione, gli incarichi in essere all’atto del definitivo transito (alla giustizia tributaria, ndr), se svolti presso amministrazioni che realizzano o autorizzano interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR, dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, restano in ogni caso ultimabili sino alla scadenza naturale”. Visto che il ministero dello Sport rientra tra le amministrazioni citate, Atelli potrebbe mantenere il doppio incarico (e la doppia retribuzione) al ministero e al plenum del Cpgt. Altro che porte girevoli tra magistratura e politica: in questo caso le porte sarebbero spalancate in entrambi i lati.