Sulle esternazioni del pm di Bergamo Nordio vada fino in fondo
Il ministero della Giustizia sta svolgendo accertamenti sulle interviste rilasciate dal procuratore Chiappani dopo la chiusura dell'indagine sul Covid. In realtà, il pm è intervenuto sui giornali anche quando l'inchiesta era ancora in corso
Il ministero della Giustizia, tramite il sottosegretario Andrea Ostellari, ha voluto lanciare un piccolo segnale contro il protagonismo mediatico dei pubblici ministeri, facendo sapere di stare svolgendo accertamenti sul procuratore di Bergamo Antonio Chiappani per le numerose dichiarazioni da questi rilasciate alla stampa sull’inchiesta sulla gestione della prima ondata di pandemia (che vede indagati, tra gli altri, l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza). A spingere a questa presa di posizione è stata un’interrogazione del deputato Enrico Costa (Azione), in cui si sottolinea come Chiappani dopo la chiusura delle indagini abbia rilasciato una lunga serie di interviste a giornali, tv e radio, a dispetto delle norme che disciplinano la comunicazione giudiziaria e tutelano la presunzione di innocenza degli indagati.
In base a queste norme, infatti, il procuratore della Repubblica “mantiene i rapporti con gli organi di informazione esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa; la determinazione di procedere a conferenza stampa è assunta con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che la giustificano”. Come se non bastasse, nelle varie interviste Chiappani si è pure lasciato andare a una serie di considerazioni discutibili, sia contro la politica (“In tre anni non sono riusciti nemmeno a creare una commissione d’inchiesta”), sia sullo scopo dell’indagine (“Il nostro dovere lo abbiamo fatto... Soddisfare la sete di verità della popolazione”). Sollecitato da Costa, Ostellari ha fatto sapere che gli ispettori di via Arenula stanno valutando se nei confronti del procuratore di Bergamo sia configurabile un illecito disciplinare.
Subito dopo, però, il sottosegretario alla Giustizia, quasi a mettere le mani avanti, ha evidenziato che “le dichiarazioni rese dal procuratore della Repubblica di Bergamo sono intervenute in seguito alla conclusione dell’attività investigativa e all’invio dell’avviso di chiusura delle indagini a tutti gli indagati, con il contestuale deposito degli atti, ossia in un momento in cui gli atti stessi erano da considerarsi pubblici”.
Si tratta di un’informazione non corretta. Già alla fine del 2021, con l’indagine ancora in corso, il procuratore Chiappani aveva rilasciato interviste in lungo e in largo proprio sui contenuti dell’inchiesta. In un’intervista rilasciata a Domani il 29 novembre 2021, Chiappani dichiarò che “il ministro Speranza non ha raccontato cose veritiere, anche questo dovremo verificare”. Due giorni dopo, il procuratore di Bergamo rilasciò un’altra intervista al Corriere della Sera, precisando che non erano ancora emersi elementi a carico di Speranza, ma comunque affermando che durante la pandemia le autorità sanitarie si erano mosse “con una gestione non programmata della crisi” e che “c’è stata una grande sottovalutazione del rischio”.
All’epoca fummo gli unici a porre l’attenzione sul paradossale comportamento di Chiappani, che evidentemente riteneva normale rilasciare interviste sui contenuti di un’indagine condotta dal proprio ufficio, avanzare giudizi anticipati e lanciare pubblicamente nei confronti di un ministro, all’epoca neanche indagato, l’accusa di aver detto il falso.
Insomma, altro che atti pubblici. Se il ministero della Giustizia volesse compiere veramente una valutazione della condotta tenuta dal capo della procura bergamasca dovrebbe cominciare proprio dalle dichiarazioni da questi rilasciate quando l’indagine era ancora in corso. All’epoca né il ministero (guidato da Marta Cartabia), né il Csm ebbero qualcosa da dire. La speranza è che questa volta il Guardasigilli Carlo Nordio abbia il coraggio di andare fino in fondo.