Procure e uffici giudicanti senza capi a causa dei ritardi del Csm
Firenze, Torino, Milano, Napoli: sono decine gli uffici giudiziari privi di dirigenti. Il capo della procura di Firenze sarà scelto mercoledì, per tutti gli altri i tempi sembrano ancora lunghi
Il Consiglio superiore della magistratura nominerà oggi il nuovo capo della procura di Firenze, retta da più di un anno dall’aggiunto Luca Turco, subentrato temporaneamente a Giuseppe Creazzo, trasferito a Reggio Calabria per aver molestato sessualmente una collega. Basterebbe questa premessa per dare risalto alla vicenda. Non bastasse, c’è da ricordare che la procura è al centro delle cronache giudiziarie e politiche, con le sue discusse inchieste contro Matteo Renzi per l’ex fondazione Open e nei confronti di Silvio Berlusconi (venuto a mancare) e Marcello Dell’Utri per le stragi mafiose del 1993-1994.
La sfida si preannuncia molto combattuta. La commissione incarichi direttivi ha infatti proposto al plenum tre nomi: Filippo Spiezia (3 voti), vicepresidente di Eurojust, Ettore Squillace Greco (2 voti), procuratore di Livorno con un passato alla Direzione distrettuale antimafia di Firenze, e Rosa Volpe (una preferenza), procuratore aggiunto a Napoli. Al Csm, e non solo, sono in molti a pensare che alla fine a prevalere sarà Squillace Greco, esponente di Magistratura democratica, l’unico a rivestire un incarico direttivo.
Quello di Firenze è solo uno dei tanti uffici giudiziari a essere senza capo da molto tempo. Tra le procure spicca Napoli, l’ufficio requirente più grande d’Europa per numero di componenti, la cui guida è vacante da maggio 2022, quando il procuratore Giovanni Melillo è stato nominato capo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. A candidarsi sono stati in cinque: Rosa Volpe (procuratore aggiunto di Napoli e attuale reggente dell’ufficio), Aldo Policastro (procuratore di Benevento), Nicola Gratteri (procuratore di Catanzaro), Giuseppe Amato (procuratore di Bologna) e Francesco Curcio (procuratore di Potenza).
Un’altra sede rimasta senza procuratore capo è Torino, dopo l’addio – per raggiunti limiti di età – di Anna Maria Loreto. Anche in questo caso la corsa si annuncia combattuta, con candidati di primo livello, tra cui Giuseppe Amato (procuratore di Bologna), Giovanni Bombardieri (procuratore di Reggio Calabria) e Paolo Guido (il pm che a Palermo ha arrestato Matteo Messina Denaro).
Anche diversi uffici giudicanti non se la passano bene. Attendono un capo il tribunale di Milano, quello di Bologna, quello di Lecce (impegnato in diversi processi che riguardano magistrati). I ritardi nelle nomine sono da attribuire soprattutto alla lentezza del Csm, e in particolare ai ritardi della consiliatura uscente, guidata dal vicepresidente David Ermini. La consiliatura si è chiusa a fine settembre, ma si è dovuto attendere fino alla fine di gennaio per l’insediamento del nuovo Csm guidato da Fabio Pinelli. Un Consiglio formato da più componenti (33 anziché 30). Ed è proprio questo uno degli elementi di cui tener conto, secondo Giuseppe Di Federico, professore emerito di dell’Università di Bologna, il più grande studioso italiano di sistemi giudiziari: “I ritardi sono dovuti prima di tutto alla difficoltà per i membri del Csm di mettersi d’accordo. La riforma Cartabia, tuttavia, anziché ridurre ha aumentato il numero dei componenti del Csm, rendendo ancora più lente le procedure interne”, dice Di Federico al Foglio.
C’è poi da considerare il ruolo svolto dalle correnti. Nel suo libro “Da Saragat a Napolitano. Il difficile rapporto tra presidente della Repubblica e Consiglio superiore della magistratura” (Mimesis, 2016), Di Federico ricorda che alla fine del suo settennato Ciampi inviò una lettera al Csm per denunciare i ritardi con cui l’organo assumeva le decisioni, sottolineando che questi erano in massima parte originati dalla conflittualità tra le correnti della magistratura. “Una conflittualità – ricorda oggi Di Federico – derivante dal desiderio di assicurare decisioni gradite o evitare decisioni sgradite ai magistrati della propria corrente”.
Qual è la prima riforma che il ministro Nordio dovrebbe realizzare sul Csm? “Il Consiglio va destrutturato completamente – risponde Di Federico –. Occorrono due Consigli superiori diversi, uno per i giudici e uno per i pm, quest’ultimo responsabile politicamente tramite il ministro della Giustizia o un procuratore generale nominato dal Parlamento, oppure possibilmente soltanto un Consiglio per i giudici, come avviene negli altri paesi”.